THE SPENT POETS, The Spent Poets (Geffen Record, 1992)

Fra le tante ingiustizie perpetrate nel dorato (per alcuni) mondo musicale, questa è senza dubbio una delle più grosse quanto sconosciute. D’altra parte, chi ha mai sentito parlare degli Spent Poets e chi, dunque, si è mai preoccupato del loro destino? Anche il sottoscritto si è sempre dovuto arrabattare con le sole note di copertina, accontentandosi del lussureggiante contenuto proposto dal quintetto.

L’album è uno spassionato ed ironico omaggio alla musica degli anni ’60, Beatles e gruppi psichedelici in particolare. I testi sono un pozzo senza fondo di citazioni, le quali vanno dal “walrus” (il tricheco di “Magical mistery tour”) a “Paul is dead”, ad Albert Einstein, Walt Whitman, Rasputin, Sammy Davis jr., James Dean, Syd Barrett (living with his mother…).

E la musica? 14 canzoni di una bellezza assoluta, recuperi perfetti di atmosfere e tematiche legate a gruppi storici come i citati Beatles, i Kinks o artisti come David Bowie. Molti pezzi di “Spent Poets” entrerebbero di diritto nel catalogo di questi “mammasantissima”; dall’iniziale “Mr.Einstein” (dal riff veloce e potente) alle beatlesiane “Grassheads”, “Walt Whitman’s beard” e “Your existential past” (in un mondo migliore sarebbe stato il loro singolo lancio, nel mondo reale è un singolo nato morto), alla irresistibile “Ali Ali Ackbar” (canzone rock come poche altre, a dispetto del titolo da Ladro di Baghdad). “The rocks in Virginia’s dress” è una classica ballad che sorprende con un vertiginoso finale impregnato di jazz d’alta classe, mentre le successive “You don’t know me” e “Why are you sleeping with mr.Brown?” rivelano la parte più arcigna del gruppo, con suoni hard e psycho-rock.

Molto gradevole anche la voce di Adam Gates, pastosa e determinata, un interessante compromesso tra i timbri di Bryan Ferry e David Sylvian, dovutamente vitaminizzati.

“The Spent Poets” è un disco di difficilissima reperibilità, cercate di memorizzarne almeno la copertina. Nel caso la notaste in qualche mercatino dell’usato, tra un coro ucraino ed uno Yanni, compratelo subito. Ve lo venderanno ad un prezzo irrisorio, ignari che negli anni ’90 pochi artisti si sono avvicinati a simili standards.

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