Bluvertigo, Palavobis di Milano (6 luglio 2001)

Dopo la breve parentesi tra fiori e lustrini dell’Ariston, il gruppo di Monza si rimette in pista sulle strade italiane, approdando finalmente in quel del Palavobis, luogo che di musica (e di storia della musica) ne ha assorbita eccome. “Palatrussardi” si ostina a chiamarlo il frontman della band, semplice sbaglio o lapsus freudiano verso quegli anni Ottanta che in fin dei conti hanno intessuto i Bluvertigo fibra dopo fibra? Interrogativi a parte, Morgan sbuca sul palco visibilmente in forma, glitterato e grintoso, un po’ teatrale rievocazione di quel Marc Bolan che coi suoi gesti infiammava le platee. Ed è “Comequando” a segnare l’ouverture, unico pezzo inedito del greatest hits appena sfornato, se si esclude la sanremese “L’Assenzio”, che non manca nella scaletta. Guest star della serata due strani individui che si muovono lesti sul palco, Max Carnevale (fratello del batterista, Sergio) ed un tale Pedro (acclamato dalla folla in delirio), i quali si spartiscono rispettivamente basso e chitarra dodici corde, quando questi non passano tra le mani di un energico sig. Castoldi, occupato anche alla chitarra elettrica e pianoforte. Proprio dal piano sgorga il nucleo più intimo del concerto, che si snoda nell’alone di luci blu tra “Ideaplatonica”, “La comprensione” e la sempre ammaliante “Cieli Neri”. Ma è in momenti quali durante “So low – L’eremita”, “Zero” o ancora l’immancabile “Fuori dal tempo” che delle chitarre decisamente più cariche e vigorose rispetto al passato conferiscono meritati applausi al buon Livio Magnini. Così tra il rock de “Il mio mal di testa” e sound ripescati dai traumatizzanti ascolti di gioventù, arriva “Finchè saprai spiegarti” a sfociare nella sorella “Niente per scontato”, per poi liberarsi nella perenne citazione di “Love is the drug”. In questo fluire dello show, un Andy sempre così cool impreziosisce la miscela di suoni saltellando tra il sax tenore e la tastiera, ed apportando il proprio mirabile tocco a loop, coreografie e trucco. Ed un pubblico assetato, sebbene non eccessivamente esagitato, che non si accontenta di successi quali “Altre forme di vita” o “Sono = sono”, accoglie con una timida ovazione “LSD – La sua dimensione” ultimamente un po’ trascurata nei live, ma che questa sera ricompare in una cristallina versione accompagnata dalla dodici corde del famoso Pedro. Chitarra acustica, ma suonata dal frontman, anche per “Iodio” a chiusura del concerto. Performance che non può terminare senza “Complicità”, quella “Here’s the House” dei Depeche Mode riecheggiante nei cori di Andy e che dal vivo conferma la più che buona prestazione vocale del cantante. Suoni che si miscelano, citazioni che s’inseguono, ma soprattutto una voglia di suonare e di coinvolgere più che palese: forse un po’ di fortuna da questi fantasmi del passato che nei Bluvertigo si destrutturano per poi ricombinarsi, forse semplicemente dopo un periodo di alti e bassi la vertigine ha di nuovo ripreso a turbinare e coinvolgere. Comequando si prova un’emozione.