BLUR, Parklife (Food Records, 1994)

Se “Modern life is rubbish” bussava alle porte della celebrità, udendo solo un indistinto borbottio, “Parklife” quella porta l’abbatte semplicemente, come quei vecchi centravanti inglesi alla John Charles.

Ed inglese, il terzo capitolo dei Blur, lo è fino al midollo, divenendo in breve un must per ogni collezionista amante del brit sound, o brit pop, come volete chiamarlo. “Parklife” è un album ricco di canzoni che si sono istantaneamente trasformate in classici, a partire dalla falsamente stupida “Girls and boys”, con il suo ottuso ritmo primi anni ’80 ed il suo giro di basso molto John Taylor dei Duran Duran.

Progettata esclusivamente per le charts, “Girls and boys” è un trampolino di lancio fenomenale per l’album, il quale avrà vendite milionarie in patria. Da esso verranno estratti altri singoli, la bellissima e dolceamara “End of a century”, l’omonima “Parklife” (con l’attore Phil Daniels a recitare questo english rap dall’accento irresistibilmente cockney), “To the end”, in assoluto una delle ballate più belle degli anni ’90, vibrafono in primo piano e controcanto affidato all’esile ed erotica voce di Laetitia Sadier degli Stereolab.

Altri portenti offerti gentilmente dalla Premiata Ditta Albarn & Co. sono la solita track 2, la stupenda “Tracy Jacks”, il velocissimo punk di “Bank holiday” e la struggente “This is a low”, altra ballata sfuggente di fascino incontenibile. “Parklife” è l’apice ed il capolinea del brit-pop: d’ora in poi, si cambia, o si scende.

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