BELLE & SEBASTIAN, Fold your hand child, you walk like a paeseant (Jeepster, 2000)

Il ritorno del gruppo scozzese, perso per strada il bassista Stuart David dedicatosi ai suoi Looper, è il quarto capitolo di una storia tra le più affascinanti degli ultimi tempi. E’ sufficiente prendere un verso di “Family Tree”, una più dolci canzoni mai composte da Belle & Sebastian, che dice “They teach Chemistry, Biology and Maths, I want Poetry, Music and some Laugh” per capire molte cose.

In queste parole si può leggere il segreto di Belle & Sebastian, lo scontro con un mondo che non sembra essere esattamente come lo si desidera, dove diventare grandi non è per nulla facile. Storie di ragazzi, in cui le cose non vanno come dovrebbero andare, raccontate con grazia e ironia, come hanno già fatto in modo diverso Nick Drake e The Smiths. Un mondo descritto da canzoni che possono essere dolorose come “Chalet lines”, voce e piano, davvero commovente, o come l’iniziale “I fought in a War”, chitarre lievi come il gruppo di Morrisey, per poi diventare pop orchestrale. Oppure da canzoni più gioiose, piccoli gioielli di melodia come “The Model”, “Woman’s realm” o “There’s too much love”, o ancora dalle influenze Motown di “The Wrong girl”.

E quando il gruppo scozzese inciampa, come in “Before The Sunrise”, riesce a rialzarsi e a regalare un inaspettato e scintillante pezzo soul “Don’t leave the light on baby”, la più dolce delle sorprese. Per una volta una promessa mantenuta.

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