53100, l’elettronica incontra la cultura del Chianti

Tra i tantissimi festival che ogni anno popolano l’Italia, da nord a sud, negli ultimi mesi mi ha colpito l’annuncio della nascita di 53100, una nuova manifestazione nel Chianti, in cui aspetti musicali e naturalistici convivono per la creazione di un’esperienza tra il locale e l’internazionale. Mi spiego: non tanto -o non solo- musica in un contesto naturale invidiabile, lontano dai soliti spazi urbani, quanto il fruire di live music e dj set all’interno di uno spazio temporaneo, nel quale esplorare (letteralmente!) il territorio con escursioni guidate, degustazioni di vino e cucina locale, in una totale full immersion nella campagna toscana.

Al contesto immersivo e affascinante si affianca comunque una line up che rispecchia l’identità del festival: ad act locali (tra cui Grim Lusk, Gropina, Marmellata…) si mischiano musicisti internazionali (k means, Gigsta, Baklaxa, Purita D), per una tre giorni dedicata alla musica elettronica nelle colline del Chianti.

Per esplorare tutti gli artisti che parteciperanno e le attività presenti nella tre giorni vi rimandiamo al sito ufficiale di 53100; abbiamo poi raggiunto Pietro Ferrari e Camille Verhelst, organizzatori del festival.

Da dove nasce l’idea che porta alla creazione di un festival immerso nella natura, un contesto apparentemente così distante dalle logiche di mercato che vorrebbero eventi del genere in spazi più urbani e facilmente raggiungibili?

Spesso si vedono festival dove il focus è la line-up, mentre il contesto in cui l’evento prende piede passa in secondo piano. Per noi che da anni viviamo e lavoriamo all’estero, quello del contesto – il Chianti – era un aspetto fondamentale. L’intento è appunto quello di fare tesoro delle esperienze che facciamo fuori e ri-portarle nella nostra terra, che a nostro avviso ha risorse uniche a volte poco valorizzate. Il Chianti di per sé è abbastanza isolato, San Michele poi è particolarmente difficile da raggiungere, e a noi questa cosa piace. Sicuramente un evento del genere in zone con un’infrastruttura di trasporti migliore venderebbe più biglietti, ma a che costo? L’esperienza immersiva, il senso di familiarità e le suggestioni dei sensi ne risentirebbero molto. Crediamo sinceramente che il gioco qua, inteso come viaggio verso San Michele, valga la candela. La musica poi è un aspetto fondamentale ma non è il nostro unico focus, anzi. Vorremmo che il nostro pubblico ci scegliesse per il pacchetto completo, non tanto per i nomi in line-up. Ci piacerebbe, in un prossimo futuro, riuscire a rendere il progetto finanziariamente sostenibile senza neanche il bisogno di annunciare gli artisti. 

Guardando il programma, oltre l’offerta musicale, sembra ci sia un chiaro intento di creare una ‘comunità temporanea’ all’interno degli spazi del festival. Dalle sistemazioni degli utenti alla vasta gamma di attività presenti, sembra che la musica sia uno degli elementi in un quadro generale in cui nulla è lasciato al caso. Cosa vi ha ispirato questa concezione di ‘festival / esperienza’?

Amiamo la musica, il buon cibo, il vino, la natura e connettere con persone con passioni e visioni affini. Si potrebbe dire quindi che 53100 è un’espressione condensata dei nostri interessi. C’è poi l’aspetto di ospitalità in quello che facciamo che portiamo avanti da molto tempo. Vivendo lontani, i ritorni sono occasioni per riconnettere, e le visite di amici sono anche per noi momenti di riscoperta del territorio da un punto di vista più contemplativo. Si potrebbe dire che ci sentiamo in parte turisti nella nostra terra, e da qui nasce la volontà di rendere la scoperta di essa il più completa possibile, anche per i nostri ospiti. Una conseguenza naturale di questo è la volontà di raccontare il territorio tramite escursioni guidate, visite e degustazioni nella speranza che i paesaggi, i sapori e le tradizioni della regione possano lasciare un segno. 

Passando invece sul versante musicale noto invece quasi un contrasto tra la natura elettronica e a tratti sperimentali della line up con invece la tradizione espressa dalle attività collaterali. Credete che un tipo di esperienza internazionale possa svilupparsi all’interno di un contesto local senza perdere d’identità?

L’identità del festival si sviluppa su due livelli paralleli: quello del programma musicale che è basato su nostri gusti personali; e quello del contesto in cui il festival prende piede, che è invece fortemente radicato nel territorio. Per alcuni il punto di forza sta appunto nel programma musicale, per altri nel contesto che ne fa da cornice, e per molti sono entrambi. A nostro avviso questi due livelli vivono in simbiosi ma svolgono anche un duplice scopo: da una parte il pubblico locale ha l’opportunità di ascoltare artisti che raramente si trovano in zona, dall’altra il pubblico internazionale viene a scoprire un luogo speciale, dove siamo cresciuti. Vorremmo che ci fosse un dialogo aperto tra il locale e l’internazionale; sarà interessante vedere come si svilupperà la serata di apertura con FANGO Radio, forse un momento di analisi e scambio importante sotto questo punto di vista.

Cosa pensate che manchi all’interno della folta rosa di festival italiani?

Stiamo notando ultimamente che sono nate tante realtà interessanti in Italia, da nord a sud. Ci sono proposte e programmazioni molto interessanti e a cui vorremmo partecipare. A nostro avviso, in Toscana manca ancora un meeting point per la scena di appassionati che trascendono i generi d’ascolto. Noi stiamo lavorando per diventare quello in futuro. Ognuno poi ha preferenze diverse su come, dove, quando fare “festival” e 53100 è la nostra interpretazione. Ci sentiamo fortunati di poter condividere la nostra visione con altri e speriamo che il messaggio arrivi dove deve arrivare.