[#tbt] Quando gli Helmet erano il simbolo della conquista alle major

Ultimamente, nel promuovere il mio ultimo libro, mi sono ritrovato a citare gli Helmet in radio, e degli ascoltatori hanno chiamato per ringraziarmi di aver ricordato di una band che viene spesso, e ingiustamente, dimenticata.

E hanno ragione.

Gli Helmet sono proprio uno dei simboli di quel periodo, e di quell’anno a cui ho dedicato il libro, il 1991, in cui le major mettevano sotto contratto chiunque, anche mia zia, bastava che facesse grunge o comunque rock pesante. Non importava il genere – metal, crossover, noise, shoegaze, ecc. ecc. – l’importante era che ci fosse tanta chitarra, suonata forte, e in maniera potente.

E c’è una canzone, forse la più famosa della band noise newyorkese, che mostra – nella sua storia – la rappresentazione plastica di quel passaggio: “Unsung”. Il primo album di Page e soci (“Strap It On”, 1990) infatti era uscito su una etichetta indipendente, la Amphetamine Reptile Records specializzata proprio nel noise, ma la AmRep non riuscì a mantenere i propri cavalli di razza in scuderia per tanto tempo. Scalpitavano. Appena prima che gli Helmet fecessero il salto in Interscope, nel maggio del 1991, e più precisamente il 26, registrarono le Peel Sessions e suonarono la nuova “Unsung”. Una canzone del genere non passò inosservata: l’Amphetamine Reptile si affrettò a farla uscire, ed eravamo dunque ancora nel 1991, nella versione live suonata da Peel, come 45 giri, e a fornirla di un video a mio parere meraviglioso e che ancora rispettava i canoni indipendenti: si vedono gli Helmet in un palco dismesso in un’anfiteatro abbandonato alle erbacce e agli scarafaggi.

“Unsung” fu un biglietto da visita troppo ghiotto: tra tutte le major che volevano accaparrarseli e che li volevano trasformare nei “nuovi Nirvana” ebbe la meglio la Interscope Records (per un milione di dollari!), che ripubblicò subito “Strap It On” (ed eravamo ancora nel 1991, ma quanto succedevano veloci le cose?) e portò gli Helmet in studio per dare un seguito a quell’album, che sarà rappresentato poi dal “famoso” “Meantime” (1992). E anche “Unsung” venne riregistrata e le venne fornito un video più in linea, in teoria, con la nuova immagine della band.

Al netto che “Unsung” spacca di brutto nella prima e seconda versione, io preferisco di gran lunga il video con gli scarafaggi. Ecco, nel momento in cui le major si accaparravano queste band, forse succhiavano loro anche un po’ di anima, e questo confronto tra due video può essere un po’ una esemplificazione chiara del concetto. Ma le major hanno reso queste band anche più conosciute ai più, e questa fu buona cosa, quella che sottolineava sempre anche Kurt Cobain, contento che differentemente a prima un teenager avrebbe potuto trovare “Nevermind” in un Walmart Store. Oggi il video del 1991 ha un 15mila visualizzazioni su Youtube, il video ufficiale del 1992 più di 11 milioni. Così, per rendere l’idea.

Anche vendere l’anima “al diavolo” ha i suoi vantaggi.

(Paolo Bardelli)

Info su “1991. Il risveglio del rock. Brit pop, trip hop, crossover, grunge e altra musica eccitante” (Arcana)