Quando vi abbiamo parlato di lui la prima volta, nell’autunno del 2014, eravamo rimasti affascinati da “Coming Home” suo primo singolo autoprodotto, presto diventato un piccolo classico tra spot pubblicitari e serie tv.
Nel frattempo il talentuoso soul-man texano che si guadagnava da vivere come lavapiatti in una nota catene di bistecche americane, ha guadagnato un disco d’oro, numerose apparizioni televisive, un contratto con la prestigiosa Columbia e l’apprezzamento di fan illustri come i coniugi Obama che l’hanno incluso nelle loro seguitissime playlist Spotify.
Dopo il celebratissimo album d’esordio del 2015, “Coming Home” caratterizzato da suggestioni d’annata e in bianco e nero (recensione), Leon Bridges ha deciso di dare una rinfrescata alla sua immagine retrò e agli arrangiamenti convocando in cabina di regia Ricky Reed (tra i credits di Cee Lo Green, Maroon 5, Kesha, Pitbull).
Così, in “Good Thing”, in uscita il 4 maggio sempre su Columbia, emergono spiragli di R&B contemporaneo (nel filo rosso che da D’Angelo arriva fino ad Anderson .Paak), folgorazioni tra funk e disco degli albori, ma non mancano quelle struggenti ballad black dell’erede naturale dei maestri Sam Cooke, Otis Redding e Marvin Gaye.
L’album è stato anticipato da tre brani molto diversi tra di loro: la soffusa gemma R&B “Bet Ain’t Worth The Hand”, la jazzata “Bad Bad News” e la più tradizionale “Beyond”.
È lui il protagonista della nostra copertina di maggio su Facebook e Twitter.