DEVO, “Something for everybody” (Warner, 2010)

Tute spaziali, cappelli-vasi futuristici, movimenti robotici, nevrotici, scattosi così come la voce e la musica. Personaggi  assurdi dell’ironico e avveneristico ideale di DE-evoluzione. Ce li ricordiamo così i DEVO: innovatori grotteschi, ironici,  graffianti dell’immaginario new wave della seconda metà degli anni 70, impegnati nella sovversione satirica punk-tech-nerd  del Sistema. I loro pezzi, le loro sonorità e la loro originale e innovantiva immagine hanno influenzato svariate tipologie di artisti e gruppi a venire, da David Byrne ai Daft Punk fino a Lady Gaga. Tornano dopo 20 anni (l’ultimo loro album di inediti  risale al 1990 “Smooth Noodle Maps”) con “Something for everybody”. E se c’è una cosa che pare certa, è proprio che quello dei DEVO sia un cd “per tutti i gusti”. E per niente inteso in senso positivo. La musica scattosa, nevrotica, l’innovazione, la critica sociale nei testi, quella dei DEVO di “Satisfaction” o “Mongoloid”, appare qui come una versione imbellettata di  quei classici che hanno fatto storia. Fin dalla prima traccia, “Fresh” (che certo può accontentare per certi versi i fan più affezionati) si ha la netta sensazione che le sonorità riecheggino uno sbiadito, seppur energico, ricordo degli albori  d’oro dei grotteschi toy-boy della DE-evolution. La conferma si ha, purtroppo, con la successiva “What we do”, una palese hit dance. Quella “devoluzione” o involuzione della società, tanto profetizzata dal gruppo statunitense, si è avverata (standardizzazione dell’individuo e tecnologizzazione dei rapporti e del quotidiano) e ha portato via con sè, nell’immenso  calderone della musica odierna, quel tratto originale e distintivo che era la musica dei DEVO. Le dodici tracce sono state scelte dai DEvotees, ovvero i fan del gruppo, tramite il sito web. Una scelta che sembra portare avanti più un progetto  commerciale, che artistico, di qualità. Tuttavia, a partire dalla quinta traccia “Mind Games” si può tirare un piccolo  sospiro di sollievo, e ritrovare almeno in parte un pò di quei DEVO dei primi ’80. Anche se, con risultati che sanno di già sentito. Riescono in tutto questo a conservare la loro energia musicale graffiante. Insomma, questo cd suona un po’ come un piccolo salto nel buio della involuzione.

(Eleonora Ferri)

15 novembre 2010

 

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