I Depeche Mode, i Marlene Kuntz e l’arte dell’errore

C’è una nuova tendenza, o almeno mi pare, nei giornali musicali: artisti italiani che intervistano artisti stranieri. Rolling Stone di questo mese manda la Antolini a chiacchierare con PJ Harvey, mentre XL (mensile alquanto brutto…) usa invece Morgan per intervistare Martin Gore dei Depeche Mode. Evidentemente ai lettori non bastano più i semplici giornalisti, vogliono di più. Ci devo pensare su a questa faccenda.

Invece non abbiamo pensato abbastanza al fatto che è uscito il nuovo singolo dei Depeche Mode. Sarà una mia impressione, ma “Wrong” è uscito un po’ in sordina, o meglio con meno lancio di quello che si potesse pensare per una band come i Depeche. In pratica ormai si è subissati di informazioni, e sui blog e in giro per la Rete tutto è uniformato per cui paradossalmente si finisce quasi a parlare di più del gruppettino del New Jersey piuttosto che di un’uscita così importante. Oppure ci si trova maggiormente a discutere se si andrà a vedere il concerto dei nostri il 16 giugno a Roma (Stadio Olimpico) o il 18 giugno a Milano (San Siro) invece che a fantasticare sul nuovo “Sounds Of The Universe”, in uscita il 17 aprile.
Non so, ci devo pensare su anche a questa faccenda.

Ultimamente mi sono trovato a definire i Depeche Mode delle cariatidi da ospizio, ma ascoltando bene “Wrong” devo subito dire che sono un cretino epocale. Il pezzo è profondo, denso, permeato di un’amarezza tremenda e, soprattutto, sentita.

La vera anima di “Wrong” però l’ho percepita in questa versione minimal suonata live per Yahoo!, dove il wurlitzer accarezzato da Martin Gore potrebbe portare questa confessione di delusione sugli errori nella dimensione di una “Morning Bell” altrettanto notturna.

I was born with the wrong sign 
In the wrong house 
With the wrong ascendancy 
I took the wrong road 
That led to the wrong tendencies 
I was in the wrong place at the wrong time 
For the wrong reason and the wrong rhyme 
On the wrong day of the wrong week 
I used the wrong method with the wrong technique.”

Gli errori. Chi è che non ci ha mai pensato solennemente, ai propri? Proprio in questi giorni i Marlene Kuntz, nell’inedita “Canzone in Prigione” composta per la colonna sonora del film “Tutta colpa di Giuda” (2008) di Davide Ferrario, li citano anch’essi: “So di aver sbagliato / e so che mi potrebbe ancora capitare”.

I Blunoa, indimenticato (da pochi) gruppo di Parma, credevano piuttosto nell’“arte dell’errore” e nell’“importanza di essere imperfetti”. Magari potesse essere davvero così.

(testo Paolo Bardelli, foto Anton Corbijn)