THE MARS VOLTA, The Bedlam In Goliath (Gold Standard Laboratories, 2008)

Primo passo obbligato per il sottoscritto è quello di spendere di nuovo due parole per “Amputechture”, tanto per mettermi a posto la coscienza. Cassato con particolare delusione all’uscita, e riascoltato poco tempo fa (perchè i dischi, più o meno tutti, si riascoltano anche a distanza di anni, anche dopo aver compilato la nostra classifichina carina carina), mi si è rivelato come un ottimo lavoro che, pur con episodi poco convincenti, contiene quei due/tre pezzi clamorosi che lo fanno arrivare ad una sufficienza pienissima. Solo gli stupidi non cambiano mai idea? Comunque i pezzi innocui erano proprio quelli acustici.

Di risposta a quella mia parziale delusione arriva oggi “The Bedlam In Goliath”, che è, mettiamolo subito in chiaro, una vera mazzata nei denti. Accompagnato da trame esoteriche di ogni sorta, che un po’ fanno notizia e un po’ ci preparano ad affrontarne il concept, i nuovi Mars Volta sono forse i più aggressivi di sempre, e senza dubbio i più pregni. Nei lunghissimi settantacinque minuti è infatti concentrata una serie di intuizioni continue, che mettono da parte qualunque deriva masturbatoria nei confronti degli assoli dei singoli strumenti, per creare una gigantesca orchestra elettrica, diretta, come sempre, dal grande capo Omar Rodriguez-Lopez.
Omar pareva definitivamente impazzito, un po’ come l’ultimo Frusciante, trasformando ogni minimo spunto di ispirazione in una nuova uscita solista, un po’ superflua per noi, ma evidentemente necessaria per lui: mettere bene in chiaro dove si vuole arrivare, trovare i mezzi per farlo, e poi buttarcisi a pesce.
Dicevamo infatti che “The Bedlam In Goliath” è il loro disco più pregno. Pregno di musica, ovviamente. Musica che aggredisce senza incertezze, come nella doppietta iniziale di “Aberinkula” e “Metatron”, che mette da parte qualunque prevedibile introduzione soft (come accadeva nei lavori precedenti) per arrivare direttamente alla “botta”. Un singolo, “Wax Simulacra”, che dura incredibilmente due minuti e mezzo, e che rappresenta il teoricamente impossibile punto di congiunzione fra il progressive e l’hardcore.
Ma anche musica evocativa, che sa quasi di cinema (e non è una sorpresa dopotutto, considerando non solo la presenza di un concept, ma anche le velleità registiche di Omar), come nei crescendo orchestrali di “Askepios” o nelle trame orientaleggianti di “Soothsayer”.

Continuo ad usare la parola “orchestra” e non è un caso: sebbene il nucleo sia sempre composto dai soli Omar Rodriguez-Lopez e Cedric Bixler-Zavala, la formazione si è infatti stabilizzata intorno ad otto elementi, che contribuiscono all’esecuzione di ogni pezzo. In particolare due meriti: quello di Thomas Pridgen, nuovo prodigio della batteria che contro ogni aspettativa oscura il ricordo del precedente Jon Theodore, a colpi di rullate, cambi di tempo bastardi e piatti squoshanti; e poi quello di Adrian Terrazas Gonzales, che fra sax tenore, clarinetto, flauto, e chi più ne ha più ne metta, dirige i pezzi dal momento più funk ad inaspettabili derive free jazz.
Tutti i presupposti possibili per un pastone esagerato, eppure.. eppure a differenza di “Amputechture”, si sente l’esigenza di andare (a modo loro) dritti al sodo: un’urgenza che riempia tutto fino all’orlo, ma con un ordine interno a dir poco maniacale (un po’ gratuito nel collage di “Cavalettas”) che riesca allo stesso tempo a mettere ben in luce la melodia (in particolare nelle orecchiabilissime “Ilyena” e “Agadez”).

Forse i Mars Volta non sono mai stati così in equilibrio: un passato mai dimenticato (la finale “Conjugal Burns” ricorda lo stile di “De-Loused In The Comatorium”) ma una continua voglia di andare oltre. I detrattori (ciechi, sordi, mai muti, probabilmente abituati o amanti di altro) ci saranno sempre, ma è innegabile che ci troviamo di fronte all’ennesima prova di ambizione di uno dei gruppi più interessanti dei nostri tempi. Di quelli che sanno dividere. Che li ami o li odi. Che attirano, ancora prima dell’uscita, sia facili lodi sperticate che insulti gratuiti. Non esistono mezze misure. Tanto per ribadire che fondamentalmente, oggi, non esiste nulla come i Mars Volta.

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