HOOVERPHONIC, The Magnificent Tree (Sony Music, 2000)

Terza prova sulla lunga distanza per il trio belga guidato da Alex Callier. “The Magnificent Tree” non si discosta dai suoi due predecessori, continuando su una linea composta da tappeti di liquide tastiere e ritmi generalmente morbidi a supporto della voce piuttosto tenue e non irresistibile della cantante, la diafana fiamminga Geike Arnaert. Per la cronaca, non credo per la storia, il terzo componente è il chitarrista Raymond Geerts, il quale sospetto stia nel gruppo esclusivamente per amicizia o per qualche forma di mecenatismo, visto il ruolo marginale dello strumento da lui suonato.
L’album promette benino nelle prime quattro o cinque tracce, per poi sfiorire progressivamente, direi quasi in modo naturale ed ineluttabile. “Autoharp” è un’opening track degna, convincente, con un clima un po’ inquietante che avvolge e sfugge allo stesso modo. “Mad About You” è il pezzo che traina l’opera: uscito anche come singolo (di buon successo), esso mette in evidenza un’ottima ritmica ed una prova sorprendente di personalità da parte della Arnaert. La melodia è proprio orecchiabile e strizza l’occhio a certe sigle d’apertura di qualche 007. Anche nella successiva “Waves” salta all’orecchio una buona dose di pomposità “bondiana” che si esplicita nell’arrangiamento degli archi, simile a quello di “Millennium” di Robbie Williams. Occorre dire però che in “Waves” non si toccano certi apici di melassa, anzi, la freddezza e la distanza del suono Hooverphonic aiutano la riuscita della canzone. “Jackie Cane” è, assieme alla strana e simpatica favoletta un po’ alla Nits di “Frosted Flake Wood”, la composizione che più si discosta dal canone generale, essendo una sorta di western rock postmoderno, con una bella chitarra (!) riverberata in primo piano ed un vigoroso coro di bimbi nel finale. Il resto di “The Magnificent Tree” scivola via senza emozionare fino all’ultima “L’Odeur Animale”, canzone obliqua e sinistra, la quale sembra ispirarsi a vecchie sonorità made in Cure.

Un album appena discreto, quindi, per un gruppo che rischia gravemente l’omologazione da Top 20. D’altra parte, bisogna pur avere i soldi per comprarsi il synth ultimo grido…

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