Calexico, Vox Club di Nonantola (22 febbraio 2001)

Per una strana magia che solo la musica riesce a creare, nella nebbiosa e umidiccia provincia modenese per due ore si è respirata l’aria torrida del deserto messicano. I Calexico al “Vox Club” di Nonantola sono stati protagonisti di una autentica “fiesta” che ha coinvolto e travolto l’intero pubblico.
La serata si apre con Shannon Wright, giovane cantautrice di Atlanta, che con l’accompagnamento di due membri dei Calexico, Joey Burns al contrabbasso e John Convertino alla batteria, ha presentato alcuni brani propri a dire il vero poco digeribili, tra teatro kabuki ed espressionismo tedesco, forse poco in linea con il clima della serata; riesce comunque a raccogliere il consenso di una platea onesta e rispettosa.

Finalmente arrivano sul palco i sei musicisti, vestiti da normalissimi studenti di college; una volta imbracciati gli strumenti, la festa ha inizio. Già con i primi brani tratti dal loro penultimo disco, “The Black Light” , la mente comincia a galoppare verso le pianure sonore di Ennio Morricone, a fianco degli Apache degli Shadows. E infatti Burns, concentrandosi su un vibrato particolarmente intenso e su un suono “vintage” dalle sfumature evocative, ricorda proprio lo stile del vecchio Hank Marvin.

Con “El Picador”, brano di apertura del loro ultimo lavoro, “Hot Rail”, si aprono le danze; la gente risponde con un boato, come se fosse di fronte ai Beatles che cantano “Help!”. In questa e in altre canzoni, il chitarrista ritmico e il vibrafonista dismettono i loro strumenti consueti per imbracciare le trombe, quelle trombe che ti fanno venir voglia di leccare sale e tequila. Ottimi polistrumentisti, non c’è che dire.
C’è spazio anche per un duetto con la Wright, che sale sul palco insieme al gruppo per cantare “Ballad of Cable Hogue”, e più avanti per eseguire una poco incisiva versione di “I Started a Joke” dei Bee Gees. La musica dei Calexico si evolve durante la serata, e così dai toni tex-mex dai quali erano partiti, giungono al rockabilly più sfrenato, per poi planare nuovamente nelle atmosfere “mariachi” di “Fake Fur” e “Slag”.

Un’ora e mezza di autentico divertimento, di evasione dalla noia delle solite note, inseguendo il sogno di raggiungere remoti luoghi di fuga come Tijuana, città di confine tra la libertà e la disperazione. Grazie ai Calexico per essere dei così buoni compagni di viaggio.

25 febbraio 2001