TERENCE TRENT D’ARBY, Neither Fish Nor Flesh (Sony, 1989)

Il secondo album del grande cantante di New York, atteso alla conferma commerciale dopo il precedente stravenduto “Introducing…”, si rivela così ostico per il grande pubblico da deludere le aspettative della sua casa discografica, tutta tesa a sfruttare il potenziale business di un sequel. Sicuramente “Neither…” non porta molto denaro in cassa, ma è un lavoro francamente superbo. E’ sempre stato strano leggere recensioni anch’esse piuttosto critiche verso quest’album dove troviamo un intreccio soul-psichedelico-sperimentale assolutamente geniale ed originale.

L’artista dimostra (soprattutto a sé stesso, credo) di essere un artista con la A maiuscola, rifiutando un blando rifacimento del primo album e passando oltre, in un territorio ancora quasi inesplorato chiamato crossover, o più semplicemente magico eclettismo. “Neither…” è un disco che affascina ascolto dopo ascolto, che non si ferma al superficiale. Qui dentro troviamo 25 anni di musica, dal gospel delicatissimo di “I have faith in these desolate times” al soul alla Marvin Gaye di “To know someone deeply is to know someone softly” al rock di “This side of love”. Impressiona particolarmente il ritmo funky e sfuggente nello tempo, accarezzato dalla voce stupenda di questo genietto che, oltretutto, suona praticamente tutti gli strumenti. Album “di prima”, artista da lasciare libero come un Mustang.

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