LENNY KRAVITZ, Let Love Rule (Virgin, 1989)

Provate a fantasticare un meeting dove partecipassero John Lennon, Jimi Hendrix e qualche vecchio eroe di soul psichedelico (Sly Stone, Curtis Mayfield, etc.)… Sarebbe sensazionale, non credete? Purtroppo, la realtà in questo caso non supera la fantasia, ma può tentare di avvicinarla, soprattutto con l’aiuto del talento e della passione. Al nostro Lenny non fanno difetto nessuna delle due qualità, avendo maturato appunto grandi innamoramenti musicali dei sopracitati personaggi e nel contempo coltivato un talento che doveva essere solo evidenziato al pubblico. Ed infatti, dopo qualche anno di tirocinio, il figlio di una delle protagoniste della sit-com “I Jefferson” ottiene un contratto presso la Virgin, pubblicando un album che è un fiume in piena di idee e tributi, soprattutto al Grande Occhialuto ed al genio di Seattle. Alcune volte è veramente impressionante sentire quest’affinità, che sfiora quasi il plagio di una canzone di Lennon in “Be”. Il talento di Kravitz è comunque notevolissimo, miscelando tutte queste tendenze fino a giungere ad un crossover melodico e con spunti abbaglianti. Su tutti i pezzi, segnalerei in particolare “Does anybody out there even care” (molto sensuale, un ritornello indimenticabile), “Mr.Cab driver” e la conclusiva “Flower child” (ambedue incalzanti, asciutte, oscure, due gran pezzi di puro rock). Ah, come un altro grande contemporaneo della black music, l’eclettico ed incostante Terence Trent D’Arby, Mr.Kravitz suona la chitarra, il basso, la batteria e le tastiere ed è responsabile della produzione. Più che un one man band, una piovra.

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