Tommaso Artioli Awards 2010

CLASSIFICA 2010

1. Four Tet – There is Love in You
2. Pantha Du Prince – Black Noise
3. Autechre – Overstesps

Tre sono pochi. Tre sono i pochi album del 2010 che sento di segnalare. Un anno dimesso, musicalmente, per chi scrive. Dimesso, silenzioso, di poca quantità.
Nei momenti di penuria, o che come tali appaiono, si tende sempre a chiudere il proprio raggio d’azione entro il panorama delle certezze e, insieme, a cercare conferme nel passato. Per questo nella mia classifica compaiono tre album strettamente attribuibili alla macrocategoria della musica elettronica.
Sono ritornato, dunque, a prediligere questi suoni proprio nell’anno in cui, senza nemmeno accorgermene, mi sono anche trovato molto spesso ad ascoltare due dei nuovi alfieri del cantautorato italiano. Due “giovani”, Brunori e Dente, che danno voce alle turbe sentimentali e non solo della generazione presa a bastonate dall’altra generazione, quella “che è corrotta, che è malata, che va spazzata via” secondo le parole dello scomparso Mario Monicelli in una recente e famosa intervista. Purtroppo “Vol. 1” e “L’Amore non è Bello” sono entrambi usciti nel 2009.

Conclusa ogni divagazione è giusto dare conto delle scelte.
Autechre, dunque, capaci di tornare a recitare la propria parte e risorti dalle ceneri di un’impasse che sembrava, prima di “Oversteps”, difficilmente superabile. Suoni ostici al punto giusto, nessuna ostentazione, armonie ed una ritrovata propensione alla ritmica per un lavoro senza tempo, perché, se lo ascolti, niente ti fa pensare che possa essere uscito nel 2010, piuttosto che cinque, dieci, addirittura quindici anni prima.
Pantha Du Prince, perché “Black Noise” è un album semplicemente completo. Un suono che coniuga elementi tipici della minimal techno con l’ambient, riuscendo ad includere gli aspetti godibili della musica pop. Il classico album che supera ogni scetticismo semplicemente con l’ascolto.
Four Tet perché, There is Love in You è stata una scoperta maturata ascolto dopo ascolto. Uscito ad inizio anno, mentre al primo impatto non era apparso troppo convincente, dopo qualche settimana, lo ammetto, sapevo già che avrei considerato questo album in sede di compilazione della classifica annuale. Ogni volta che lo riascoltavo mi accorgevo di qualcosa di nuovo, qualcosa in più che rendeva ogni traccia sempre migliore e, contemporaneamente, l’album sempre più importante. I mesi sono passati, gli ascolti si sono succeduti e la mia attesa, rivolta alla scoperta di qualcosa di più significativo del lavoro di Kieran Hebden, non è mai stata soddisfatta. E’ da gennaio che continuo ad ascoltare queste meravigliose nove tracce nelle quali, accanto ad una sempre più forte propensione dell’autore verso la cassa in quattro, restano i tratti che hanno reso così riconoscibile negli anni duemila il movimento folktronico.

(Tommaso Artioli)

Collegamenti su Kalporz:
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3 gennaio 2011

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