[#tbt] Altra spiaggia, altro mare. Una cartolina dalla Florida.

Se le spiagge assolate e brulicanti di palme della California descrivono con piena evidenza visiva il sogno americano, per effetto della rivoluzionaria portata della surf music fin dai primi anni ’60 – con Dick Dale e i The Ventures prima e poi con i Beach Boys – quella che evocano Miami e la Florida è tutt’al più l’immagine sgargiante e kitsch di telefilm come Miami Vice. Relegata in ombra durante gli stravolgimenti culturali di più lungo corso che hanno portato alla nascita del movimento hippie e del Flower Power di San Francisco, la penisola dell’east coast degli Stati Uniti ha visto rilanciare la sua importanza sul piano musicale solo dopo gli anni ’70. I nightclub della città sono un ricettacolo per la scena dance e la confluenza di diverse etnie ha sedimentato il suo influsso sull’hip hop e sul rap.

Gran parte dell’elemento latino presente nella popolazione di Miami proviene da Cuba in seguito alla rivoluzione del 1959 che portò Fidel Castro al potere. L’afflusso in città degli esuli cubani ha avuto delle ricadute sulla cultura del paese, incidendo anche sulla composizione sociale e sulla presenza della criminalità, come viene raccontato nel film Scarface. Accanto a antichi generi, ad esempio la rumba, le altre componenti, in particolare l’afroamericana e quella proveniente dal sud Amerca hanno arricchito il suono di Miami con generi come la cumbia e il reggae, spianando il terreno per beats pulsanti e effervescente musica da ballo.

In epoca rock’n roll, negli anni ’50, Miami non era ancora la metropoli che conosciamo, tuttavia iniziava già allora a offrire rifugio a ricche star del mondo dello show business che decidevano di trascorrere lì le vacanze. Tra questi anche Frank Sinatra che diede uno show televisivo per festeggiare il ritorno di Elvis dal servizio militare in Germania nel celebre Fontainebleau Hotel, dove vennero girate varie scene di film, come Goldfinger con James Bond. Nel 1964 i Beatles passarono da Miami per una breve vacanza al mare dopo le registrazioni dell’Ed Sulliwan Show. Nello stesso anno Muhammad Alì trionferà come campione mondiale di pesi massimi trovandosi poi a discutere di diritti civili della popolazione afroamericana e segregazione razziale con gli amici Malcom X, Sam Cooke e Jim Brown (la storia è racconta nel film del 2020 Quella notte a Miami).

I primi grandi festival sulla costa orientale ebbero come sede la Florida, dove nel 1968 si tenne il Miami Pop Festival al Gulfstream Park. A suonare su quel palco, l’anno prima di Woodstock, fuorno Jimi Hendrix, Frank Zappa, Chuck Berry, Artur Brown. Nel frattempo la città di Miami era entrata a pieno titolo all’interno dell’industria musicale e nascevano e si sviluppano i Criteria Studios che disponevao di tecnologie all’avanguardia e ospiteranno alcuni tra i maggiori musicisti di sempre (Bowie, ACDC, Aretha Franklin, Black Sabbath, Bob Dylan, Fleetwood Mac, Michael Jackson, gli Eagles di “Hotel California“, solo per citarne alcuni). Fu il manager di Eric Clapton a organizzare le registrazioni del nuovo album nello studio e per l’occasione affittò una casa al N° 461 di Ocean Boulevard per lui e tutta la band. Il gruppo si trovò così ispirato dall’atmosfera rilassata e soleggiata del luogo tanto da intitolare l’ottimo album che alla fine ne uscì con lo stesso numero civico dell’abitazione, la cui foto finirà proprio sulla copertina del disco in questione. Lo stesso manager Robert Stigwood (produttore di Hair, Grease, Jesus Christ Superstar) tentò di replicare queste fortunate circostanze proponendo la stessa casa e gli studios ai Bee Gees che proprio lì finirono per scoprire le loro nuove sonorità disco che porteranno al successo dei brani inseriti nel film la Febbre del sabato sera.

Ma torniamo agli anni ’60. Anche nella Florida, come nel resto d’America, si verificò l’esplosione dei gruppi garage, beat e psichedelici. La scena locale non si distingue per marcata originalità rispetto ai cugini della costa ovest, ma porta al proliferare di numerose band, spesso conosciute solo attraverso singoli, che raramente hanno ottenuto celebrità a livello internazionale e che sono state inserite, agli inizi degli anni 2000, in alcune compilation come la serie composta da 4 volumi “Psychedelic States: Florida” e il cofanetto del 2016 “The Florida Box” che contiene alcuni brani rockabilly e surf degli anni ’50 e ’60. Tra queste band (citiamone alcune: Squiremen, Cosmic Camel, Fewdle Lords, Flower Power, Souldiers, Purple Underground, Maundy Quintet) i We the People sono tra quelli ad avere ricevuto maggiore fama. Provenienti da Orlando, diverse delle loro canzoni sono diventate dei piccoli oggetti di culto nel mondo degli aficionados del garage punk anni ’60, come “In the past“, poi coverizzata dai Chocolate Watchband, “My Brother the mano “Mirror of your mind“. Alcuni dei membri della band provenivano dai Nation Rocking Shadows, autori del bizzarro singolo “Anesthesia” intriso di atmosfere oscure.

Una riscoperta infine di questo retaggio che affonda le radici nell’immaginario da spiaggia della Florida, tinto tuttavia da venature maliconiche, è offerto nel primo decennio del ’00 dai Surfer Blood, band che si inserisce nel filone del beach pop con cui l’indie ha flirtato per alcuni anni.

(Eulalia Cambria)