[#tbt] Quando The Knife ci dicevano che tutto è molto complicato

Mi son ritrovato spesso a pensare ad un verso dei Knife che racchiude impeccabilmente il caos in cui il mondo è dirupato da inizio 2020: “questions and the answers can take very long”.
Pensandoci meglio, è tutto il pezzo “Full of Fire” ad essere spaventosamente attuale. È trascorso ormai quasi un decennio da quando il duo svedese ha scelto di usare questo brano come singolo di lancio per “Shaking the Habitual” (2013).
Avevo da poco compiuto 21 anni, ero in piena infatuazione per tutto ciò che suonava industrial e di conseguenza andai fuori di testa per il pezzo. “Full of Fire” è un assalto techno lungo 9 minuti. Se il precedente “Silent Shout” era stato definito da alcuni haunted house, da altri nordic horror-pop, questo è un sanguinoso gore. Ricordo ancora una metafora perfetta letta da qualche parte a riguardo: questo pezzo suonava come se un laboratorio fosse esploso e tutti i solventi avessero corroso i suoni e la voce di Karin. I fratelli Dreijer non sono mai stati moderati, ma in “Full of Fire” inseriscono tutte le marce a disposizione e sfondano l’acceleratore.

Il video ufficiale è diretto dalla regista Marit Östberg, esponente di spicco della scena queer porn femminista. Durante i nove minuti succede più o meno di tutto: si va da biker BDSM, a donne di mezza età che pisciano per strada, passando per una forte critica sociale -molto nordica- alla Svezia che offre detrazioni fiscali per le famiglie benestanti che impiegano domestiche.
Non è un susseguirsi di scene random fini a sé stesse. Nella canzone c’è un verso che recita “who looks after my story?”. La regista parte da quelle parole e ci costruisce attorno, catturando e mostrando la complessità delle vite, dei desideri, delle condizioni ed interazioni umane. Citando l’autrice “Le nostre azioni creano la realtà, noi ci creiamo a vicenda”. Un promemoria sul fatto che viviamo le nostre vite completamente dipendenti da innumerevoli estranei. Ne va della nostra stessa, complicata, sopravvivenza.

Ridatemi i Knife. O almeno Fever Ray.

(Carmine D’Amico)

foto di Henry Laurisch
Opera propria, CC BY-SA 3.0
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