E sono 30 anni dalla morte di Keith Haring

In un’epoca pop come quella odierna, la pop art di Keith Haring ne è il substrato latente. Ieri sono stati 30 anni dalla morte del pittore e writer newyorkese d’adozione, i cui lavori erano già talmente personali e immaginifici all’epoca al punto che gli “omini” di Keith Haring sembra siano sempre esistiti.

Tra le storie più interessanti lette a suo proposito, devo segnalare il bell’articolo di Artribune del dicembre scorso in cui si ripercorre la nascita di “Tuttomondo”, l’enorme murales fatto a Pisa da Keith Haring invitato da un ragazzo pisano, Piergiorgio Castellani, e di come questo lavoro mastodontico abbia potuto avere luogo attraverso la condivisione di tutta la cittadinanza pisana. Di fatto, è stata probabilmente l’opera più importante di Haring e l’ultima di questo livello.

Ricordiamocelo, quando passiamo da Pisa, di andare a rimirarla nella parete posteriore del Convento dei Frati Servi di Maria, dietro alla chiesa di Sant’Antonio Abate. La carica della consueta vivacità haringhiana, della vita naturale (i delfini, la donna con in braccio un neonato), delle tradizioni locali (la croce pisana) travolgerà l’avventore.

(Paolo Bardelli)