CALIBRO 35, “Momentum” (Record Kicks, 2020)

A quanto pare i Calibro 35 decidono finalmente di darsi una spolverata e provare a scrollarsi di dosso quella etichetta di esclusiva rivisitazione a tutti i costi del patrimonio musicale italiano degli anni settanta e in particolare dell’immaginario morriconiano e quello legato al mondo delle colonne sonore (quello poliziesco in particolare). Per la verità, tentativi di “fuga” in questo senso c’erano già stati, le varie collaborazioni e la partecipazione a progetti diversi, la matrice comunque jazz sperimentale e progressive di base, il funky e l’ethio-jazz sono un patrimonio che ha sempre fatto parte del bagaglio artistico del combo composto da Martellotta, Gabrielli, Cavina, Rondanini e Colliva.

“Momentum” (Record Kicks) segna forse una svolta o comunque in ogni caso si presenta come un disco veramente interessante anche per chi ricercava un respiro maggiormente internazionale e qualche cosa di nuovo, una rottura con tutto quello che significa “cult” secondo la cultura pop italiana e se la narrazione che lo presenta come prequel di tutto quello che ascolteremo nei prossimi dieci anni, è sicuramente esagerata, richiama iperboli che sono evidentemente fuori luogo (pure perché non siamo di fronte a innovazioni che in assoluto siano sostanziali), questo poco ci interessa, mentre badiamo alla sostanza.

Il materiale del disco è effettivamente solido, sebbene allo stesso tempo tutto è liquido come se fosse una specie di azoto subliminale e contaminato da suggestioni space e lounge che ci fanno pensare a esperienze come Future Sound of London tanto nella dance-floor funky allucinata “Fail It Till You Make It” che nel neo-soul post-futurista “4×4”. Nel disco ci sono anche due collaborazioni, con risultati forse opposti, molto convincente infatti quella con il rapper Illa J., ex Slum Village e fratello del defunto J. Dilla (“Stan Lee”), che mescola hip-hop, afro-beat e neo-soul con l’uso di tastiere anni settanta e alcuni suoni pop-psichedelici più alla moda tipo Tame Impala; francamente più debole il sound vintage e accattivante e sixties di “Black Moon”, realizzata in collaborazione con la rapper MEI.

Il corpus dell’album sono comunque un repertorio costituito da vigorose sezioni di basso, transumanesimo dub, tastiere funky e beat, vibrazioni sintetiche e arpeggi di chitarra che suonano quasi come quello che chiamavamo post-rock in “Death Of Storytelling” oppure suonano riff westernati (“Automata”). Veramente eclettico il ruolo della batteria in un disco dove il tema psichedelico, santificato con la “One Nation Under a Format” conlusiva e che inneggia chiaramente ai Funkadelic, si sente da subito con “Glory Fake Nation” che suona come i Black Angels in slow-motion; “Tom Down” sta a metà tra l’afro-beat e imperiose impennate progressive anni settanta, che caratterizzano anche il carattere maestoso di alcuni passaggi della traccia più composita del lotto, cioè “Thunderstorms”, capace di mettere assieme temi da roba tipo “Lethal Weapon” con ambient Vangelis e thrilling John Carpenter.

Forse il limite di questo disco, così come dell’intero collettivo, sta in un certo “mestiere”, diciamo così, che poi potremmo pure chiamare bravura, ma con “Momentum” sono stati superati alcuni “tabù” tipici. Se si vogliono fare ulteriori passi in avanti, il prossimo passo è lanciarsi definitivamente. Ci sono i presupposti, feedback compresi, per farlo, in fondo il pubblico che non si stanca mai è proprio quello che non va coltivato.

68/100

Emiliano D’Aniello