[#tbt] F for Fake: il mistero dei “Cozmic Corridors” senza passato

Celebre è la storia di Elmyr de Hory, falsario ungherese passato alla storia per essere riuscito a vendere i suoi falsi d’artista fregando anche qualche critico d’arte. Un “mito” della falsificazione artistica: la figura De Hory raccontata da Orson Welles nel film documentario “F for Fake” del 1973 e citata nel brano “No More Heroes” degli Stranglers nel 1977, ci ricorda quanto nell’arte sia labile il confine tra “vero” e “finto”, tra “originale” e “copia”.
La musica non fa eccezione, ovviamente: il falso più riuscito, quello più misterioso o quantomeno quello più curioso, è il disco omonimo dei “Cozmic Corridors”, fantomatico album kraut datato 1972 e pubblicato dalla Pyramid Records, presunta private label di Colonia della prima metà degli anni settanta.
L’album è un “falso” fatto così bene che la sua “originalità” è stata ed ancora discussa, soprattutto dagli appassionati di kraut rock, anche se studiosi di popular music come Chris Atton, professore alla School of Arts and Creative Industries della Edinburgh Napier, non hanno dubbi: si tratta di un falso. Nel suo saggio, Challenging authenticity: fakes and forgeries in rock music (maggio 2019), Atton ricorda che non sono mai emerse copie effettive dei dischi della Pyramid Records e fa notare anche l’assenza di un’impianto di fonti scritte che testimonino l’esistenza di queste registrazioni, dischi della Pyramid Records: né “Krautrocksampler” (1995) di Julian Cope né “Cosmic Dreams at Play: A Guide to German Progressive and Electronic Rock” (1996) di Dag Erik Asbjørnsen – entrambi tra più importanti libri in materia kraut – menzionano i gruppi, tra cui anche i Cozmic Corridors, legati alla Pyramid Records.
L’idea che si tratti di registrazioni posticce è più che legittima, soprattutto se si considera il fatto che la Psi-Fi abbia recuperato questo materiale anni settanta solo nella seconda metà degli anni novanta sull’onda della riscoperta dei gruppi kraut promossa dall’uscita dei volumi di Cope e Dag Erik Asbjørnsen.
Musicalmente parlando, però, il disco dei Cozmic Corridors suona come se fosse uscito negli anni settanta. Una buona imitazione, quindi. Un falsificazione kraut perfetta, altro che grande truffa del rock’n’roll.

(Monica Mazzoli)