Filosofia dal Bar Sport degli “Anticalcio” – Intervista ai Sex Pizzul

“Anticalcio”, nuovo album dei Sex Pizzul, è un universo sonoro particolare che parla un linguaggio costruito e oliato perfettamente da chi lo interpreta e lo immagina.
Il trio toscano è una full immersion in mondi talmente incomprensibili da apparire limpidi, chiari.
Il ritmo caldo e aperto alla world music è una delle caratteristiche di un lavoro che parla in modo musicalmente complesso ma artisticamente stimolante.

I Sex Pizzul sono l’evoluzione di un Bar Sport che si trova a metà tra gli appennini, le periferie italiane e Caracas.

Com’è nata l’idea dei Sex Pizzul? Da quali sonorità siete partiti?

Non c’è una sonorità in particolare da cui siamo partiti, tutto è nato dalle improvvisazioni tra synth e batteria, il nostro lavoro è iniziato dal ritorno da una vacanza estiva. Una volta rientrati a Firenze siamo stati molto precisi e, anche se il nostro far musica era semplicemente uno sfogo, abbiamo deciso di essere molto mirati sul tipo di musica da comporre.
In sala abbiamo fatto entrare tutte le nostre influenze semplicemente pigiando REC: abbiamo cercato di unire generi che vanno dall’afro, al post-hardcore ma c’è anche tanta musica classica.

Come siete arrivati al vostro sound molto legato al Sud America?

Al Sud America siamo arrivati dopo tre anni, abbiamo aggiunto tanti colori alle idee di base che avevamo. È stato un percorso lungo, che è partito in particolare dalla ritmica dei nostri pezzi.

Voi vi identificate con due parole molto interessanti che sono “Sesso” e “Pizzul” (da Bruno Pizzul). Com’è nata l’idea di miscelare questi aspetti così distanti, ma allo stesso tempo così vicini?

C’è il giochino di parole dovuto ai Sex Pistols e questo ha aiutato in maniera abbastanza decisiva a scegliere il nome.

Noi crediamo che questi due elementi facciano vivere lo stesso tipo di emozione. Quando si vince una partita o si segna un gol bellissimo si sente questa goduria, molto riconducibile al sesso. Quindi, delusioni calcistiche a parte, abbiamo messo molto in gioco questa metafora.
Il calcio dopotutto è una metafora, che in quest’ultimo disco viene ulteriormente usata e ampliata.

Nel vostro lavoro c’è un clima molto caldo, sembra di stare alla Bombonera di Buenos Aires. Come sono nate le idee legate al sound di “Anticalcio”?

“Anticalcio” nasce portando all’estremo la nostra poetica di fondo. Del calcio noi tendiamo a portare in scena una celebrazione, una mitizzazione.
“Anticalcio” è in questo contesto legato alle parole di De Andrè: “dal letame nascono i fior”.
Il disco è una somma della nostra poetica che abbiamo portato avanti dal nostro primo lavoro, il calcio è una metafora per arrivare a compiere, a raccontare qualcosa di incredibile. Da un punto di vista sonoro abbiamo cercato di spingere sul pedale del groove e della disco e inoltre abbiamo inserito qualche componente psyco-tranche e cercato di inserire un elemento ipnotico. L’obiettivo era ricreare un’atmosfera calda, o meglio la sensazione di trovarsi esattamente a ballare.

Nel disco c’è una forte commistione di lingue, si parla con tonalità sudamericane, ma si fa anche attenzione alle altre influenze linguistiche. Com’è nata l’idea della lingua che avete strutturato per questo disco?

È un mix maccheronico, una sorta di grammelot.
Qualcuno ha usato, per descrivere l’effetto dell’unione tra linguaggi, l’immagine della torre di Babele, ma questo è abbastanza aleatorio, l’idea principale che lega il linguaggio al disco è quella di vedere il calcio come un qualcosa di universale, che unisce tutti. Allora è nata l’esigenza di legare tutto questo da un punto di vista linguistico.
Da un punto di vista poetico ci tenevamo al far conglobare più universi nel disco, ed è per questo che molte volte in un brano ritroviamo uniti due versi magari distanti nel linguaggio, questo però fa parte di una ricerca linguistica di fondo. Tutto comunque è nato in un modo assolutamente istintiva.
Nel disco usate la parola Dribbling in citazione a “Piero Umiliani”. Da cosa nasce quest’idea?
Il pezzo è una cover, anzi un remix, perché non c’è stato un vero e proprio arrangiamento. C’erano elementi che non volevamo cambiare ma allo stesso tempo volevamo mischiare più mondi. L’idea era richiamare tanti elementi, da quelli più caldi agli aspetti più “transalpini” del pezzo.

Altro aspetto incredibile è il modo in cui raccontate la storia del calcio. Cosa vi affascina delle storie sportive?
Noi di calcio ne sentiamo parlare tanto, ma non abbiamo la reale misura di ciò che accade dietro al pallone. Il calcio può condizionare vite, governi, condizioni sociali, il pallone è un fenomeno che ha un potere assoluto sulla vita delle persone. A livello poetico questo genera metafore incredibili, c’è sempre qualcosa che si mischia con la leggenda e veramente ne succedono di tutti i colori, quindi è facile trovare in questo mondo elementi di ispirazione.

C’è una storia in particolare che vi ha colpito e regalato ispirazione?

Le storie che scegliamo le prendiamo in base ad un’ispirazione semplice, ad una chiacchierata che nasce tra di noi quando appunto parliamo di sport o quando andiamo a giocare a calcetto.
Ti possiamo dire quale ci affascinerebbe molto: il fallimento della Fiorentina.

Ma questo è un aspetto interessantissimo perché sostanzialmente voi siete un’evoluzione massima del concetto di Bar Sport.

Ti ringrazio per questa considerazione, ma infatti è proprio il bello del funzionamento di questo giochino. Noi abbiamo iniziato a fare questa roba proprio col preciso intento di ricreare un bar sport. Lo spirito di penetrazione che possono avere storie del genere è veramente affascinante, noi speriamo di promuovere questo effetto con la nostra musica. Storie del genere possono assumere tanti aspetti e possono davvero avere tante e inaspettate direzioni musicali.

Nella vostra musica c’è una componente molto legata all’idea di colonna sonora: c’è qualcosa di Carpenter, dei Goblin, non so precisamente cosa, ma c’è un qualche elemento che richiama quel mondo. Voi come dialogate con quell’universo sonoro lì?

Le colonne sonore ci affascinano senza dubbio, gli esempi da te citati sono modelli che abbiamo nei nostri riferimenti musicali. Amiamo chi suona bene la propria musica.
Progetti del genere hanno una grande profondità e hanno anche una buona fetta di pubblico oggi, non a caso Carpenter ha più volte suonato nei festival internazionali in questi anni. Oggi c’è stata una riscoperta di questi autori ma senza nostalgia, questi progetti vivono di vita propria e non costruiscono nulla semplicemente su una fama già acquisita.