AFA n. 17: BANTOU MENTALE, “No Romance” (Glitterbeat, 2019)

Spettacolare debutto su Glitterbeat del brand new project Bantou Mentale, trio composto dal batterista e principale membro del gruppo Cubain Kabeya, dal chitarrista Chicco Katembo e dal vocalist Apocalypse e che dal cuore di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, è emerso nella realtà sotterranea di Parigi con un suono e un groove prepotente e che affonda le proprie radici nella musica afro per farsi “urban” e coinvolgere l’ascoltatore in un profondo stato di trance. Al terzetto si aggiunge Liam Farrell, alias Doctor L., irlandese, ma pure lui cresciuto a Parigi e compositore e producer negli ani di artisti come Assassin, Tony Allen, Mbongwana Star e Les Amazones d’Afrique. Mettiamoci pure il fatto che Katembo e Cubain hanno lavorato con Damon Albarn a Kinshasa nel 2010 e che il secondo praticamente è stato dentro tutti i progetti musicali principali che siano usciti dalla capitale congolese negli ultimi anni (Staff Benda Bilili, Konono No.1, Jupiter and Okwess, Mbongwana Star…) e abbiamo tutte le premesse per quello che è un dischetto (solo cinque tracce) che in breve riesce a esprimere un numero importante di idee in maniera convincente.

Il suono è stato giustamente definito come qualche cosa che ha un legame con la scena musicale di Kinshasa, ma che vuole essere internazionale: c’è la rivendicazione di un format di musica da club e sperimentale nel campo del dub, della musica trance da discoteca, trip-hop, che non sia occidentale, ma trasversale, come se potesse uscire fuori da ogni angolo del mondo. Ciononostante l’imprinting “afro” ci sta tutto e secondo me vale la pena di essere sottolineato, perché è un marchio potente e che si fa subito sentire nel suono delle percussioni sin dalla prima traccia “No Romance” ed è materia costante per tutto l’EP, che da dimensioni più tribali passa a un dub e trip-hop più subliminale tipo “Clando” o “Mama Ho” e poi rituali dal cuore del continente nero come “Sauter Sauter” e ossessioni tipo macumba ipnotiche come “United Blood”, pezzo che effettivamente ha ampio respiro internazionale e potrebbe benissimo essere messo in qualche serata in qualsiasi club in giro per il pianeta.

È solo un EP: dargli un voto alto avrebbe un senso relativo, ma sponsorizzarlo come il principio di un cammino nuovo e interessante mi sembra una cosa buona e giusta. Tanto prima o poi in questo sound ci incapperete comunque, tanto vale cominciare a essere preparati sull’argomento.

70/100

Emiliano D’Aniello