La Top 7 delle migliori canzoni degli Arcade Fire

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Stiamo ancora metabolizzando “Reflektor” perché gli album importanti vanno ascoltati in lungo e in largo, ma avendo a che fare con una band come gli Arcade Fire è bello anche guardare indietro e giocare nell’individuare le loro migliori canzoni. Ecco la Top 7, a detta ovviamente di Kalporz.

7. “We Used To Wait” (da “The Suburbs”, 2010)

Un volo febbricitante e inquieto di uccelli in cielo, questo è per me “We Used To Wait”. E’ un elemento del video interattivo che al tempo era stato lanciato che rappresenta in maniera totalmente compiuta quel senso di attesa che trasmette la canzone. In alcuni punti anzi la song va in picchiata proprio come uno stormo di uccelli, e l’ascoltatore è con loro come su un ottovolante, occhi sbarrati e stomaco in gola, diretto verso la terra che si avvicina.

(Paolo Bardelli)

6. “Wake Up” (da “Funeral”, 2004)

“Wake Up” sintetizza nel pensiero di chi scrive la musica degli Arcade Fire. Momento alto di un insuperabile album d’esordio, è soprattutto il culmine delle esibizioni live, suonata ogni volta come se fosse l’ultima. Nata nelle parole di Win Butler “davanti ad un pubblico di una ventina di persone”, possiede un chorus antemico da fare invidia ai migliori U2 e musicalmente l’impeto di una ideale jam session tra Waterboys e Bruce Springsteen, in quegli incroci di archi e chitarre fragorose; il tiratissimo finale alle radici del rock’n’roll è un colpo di genio che la rende di una bellezza e spensieratezza unica. Nelle lyrics infine incoraggia a dare il massimo in ogni situazione della vita, diventando così una canzone, in primis, della gente: un inno per gli anni zero.

(Matteo Maioli)

5. “Keep The Car Running” (da “Neon Bible”, 2007)

Cosa è che fa di “Keep The Car Running” una delle canzoni più amate dai fan degli Arcade Fire?
Forse il merito è di quel caldo giro di ukulele che apre il brano su un morbido letto di synth. O magari è il suono incalzante della batteria che arriva dopo pochi secondi a puntellare un pezzo che cresce piano piano di forza ed intensità. Oppure è ancora una volta la voce sofferta di Win Butler a scuotere gli animi, mentre ci racconta del proprio senso di oppressione e della voglia di fuggire da se stesso e dalle proprie paure; un incrocio tra una confessione e una preghiera, pronunciata come se fosse il suo ultimo giorno sulla terra. Non sarà questo il brano migliore scritto dagli Arcade Fire forse, ma di “Keep The Car Running” non ci si stanca mai, malgrado i mille repeat.

(Stefano Solaro)

4. “Afterlife” (da “Refletkor”, 2013)

Perché “Afterlife”? Non tanto per sfinimento dato il numero di video, tra ufficiali e non ufficiali, comparsi in rete per questa canzone. Piuttosto perché ha tutta l’aria di essere l’instant classic di “Reflektor”. Perché dei nuovi brani è quello più rappresentativo sia del presente che del passato della band canadese. Perché alla fine la melodia di “Afterlife”, con il suo crescendo, va al di là di qualsiasi trovata promozionale che ha anticipato l’uscita dell’ultimo disco.

(Francesco Melis)

3. “No Cars Go” (da “Neon Bible”, 2007)

Registrata per la prima volta nel 2002, e inserita nel primo EP della band del 2003, è stata riarrangiata ad hoc nelle sessioni di “Neon Bible”. Misteriosamente esclusa da “Funeral”, rappresenta la quintessenza dell’anthem in stile Arcade Fire. Pathos alle stelle, groove new wave e amalgama di organo, trombe e fisarmonica, chorus epico e irresistibile. Non a caso uno dei loro brani più urati e ballati nei dancefloor indie. Ma non solo, visto che è finito addirittura in colonne sonore di grandi eventi sportivi, dalla Uefa Champions League in Inghilterra al Superbowl negli States. C’è da stupirsi? No, se gli Arcade Fire oggi riempiono le arene e si divertono a giocare con l’hype, è anche grazie a brani del genere.

(Piero Merola)

2. “Rebellion (Lies)” (da “Funeral”, 2004)

Avevo un amico che ormai molti anni fa, al tempo dell’uscita di “Funeral”, andava in giro sostenendo che questi Arcade Fire sarebbero in poco tempo diventati i nuovi U2. Confesso che questa cosa non l’avevo proprio vista: “Funeral” (come poi i successivi) mi sembrava un album vero, in formato classico, complesso e comprensibile solo dopo molti ascolti. Il mio amico aveva invece colto invece il lato “di massa” (si potrebbe dire televisivo) di canzoni come “Rebellion (Lies)” fatto di melodie, magniloquenza e narrazioni universali. Ho sempre fatto fatica con gli Arcade Fire e, pur riconoscendo la scintillante bellezza di un album come “The Suburbs”, provo disagio nei confronti della retorica che li accompagna, soprattutto dal vivo.
Io, gli Arcade Fire, non li capisco.

(Francesco Marchesi)

1. “Neighborhood #3 (Power Out)” (da “Funeral”, 2004)

Di un brano del genere si può solo rimpiangere il primo ascolto. Un’esperienza irripetibile, con quel beat pulsante che sbuca come dal nulla e guida lo psicodramma sputato dalle viscere da Win Butler. Tra chitarre furiose e violoncelli distorti che piovono da un cielo nerissimo. Un colpo di frusta, un pugno nello stomaco vagamente edulcorato da quel glockenspiel, tanto rassicurante da suonare quasi sinistro. Un vero shock ancora oggi, a quasi dieci anni di distanza da “Funeral”.

(Piero Merola)

25 novembre 2013