SASAMI, “SASAMI” (Domino, 2019)

Il riverbero della chitarra e il sintetizzatore decadente difficilmente te lo aspetti da una suonatrice di corno francese di formazione classica, eppure restereste stupiti di sapere quante vite ha vissuto la cantante di Los Angeles Sasami Ashworth. Prima di lanciare SASAMI, la Ashworth ha fatto un po’ di tutto come insegnare musica ai bambini delle scuole elementari e lo ha fatto fino al 2015, momento in cui le sue ambizioni artistiche hanno preso irrimediabilmente il sopravvento e si è unita ai Cherry Glazerr, band punk di LA. Mettendo sul piatto e letteralmente per iscritto, l’esperienza di una recente rottura, con l’aiuto di suo fratello Joo Joo (Froth), ha iniziato a registrare SASAMI. Il risultato? Un debutto raffinato, suonato, cantato e realizzato splendidamente, che unisce shoegaze, dream pop e indie pop in una miscela seducente.

È facile confondere inizialmente SASAMI come rassicurante, ma è questione di poco per comprenderne invece il lato spiccatamente cupo nascosto tra le righe. “Not the Time” sembra uno scanzonato primaverile, di quelli in cui le chitarre incorniciano i raggi del sole tra i rami degli alberi, finché non ne senti i versi: “Even though we tried to make it work It doesn’t, even though each time it only hurts for a moment, it’s not the time or place for us”, cadendo improvvisamente in un baratro di malinconia.

I testi in questione sono descritti dalla Ashworth come: “un diario, una raccolta di lettere scritte ma mai inviate alle persone a cui sono stata intimamente legata in un modo o nell’altro”. “I Was A Window” definisce perfettamente il senso del disco, accordi di chitarra stile Sparklehorse e sintetizzatori rilassanti che incorniciano il racconto della fine di una storia. Il suo approccio colloquiale al songwriting è un tema ricorrente in tutto l’album e a volte può quasi farti sentire invadente, come se stessi leggendo il suo personale diario segreto. Perla assoluta “Free” con Devendra Banhart in cui i due cantano sottovoce l’occasione perduta di un mancato happy ending: “I don’t care what tomorrow brings, dreaming of some awful things, ‘cause our time is running out and you don’t know what you mean to me”.

SASAMI è ricco di texture e armonie complesse che sembrano solo all’apparenza diversificarsi, risultando invece compatte e audaci ad un ascolto più attento. “Pacify My Heart” raggiunge uno dei momenti più oscuri aprendosi con un loop di “Sometimes I wish I never met you” che sovrasta arpeggi di chitarra e batteria appena accennata, generando una melodia di frustrazione pura. Distorsioni e synth in “Callous” rumorosa elucubrazione piena di mormorii sconsolati e testi che sembrano estratti da pensieri scritti in piena notte in preda ai più disparati sentimenti. L’album termina con “Turned Out I Was Everyone”, che sfodera l’intera gamma musicale: ritmo veloce, synth spaziale e voci sovrapposte che danno vita ad un brano semplicemente maestoso, dove la voce dell’artista californiana rimane centrata e trattenuta, praticamente l’antitesi della sua personalità estroversa.

Il primo progetto in studio della Ashworth è senza dubbio promettente, un’ artista poliedrica, tanto delicata quanto complessa e misteriosa. Un confessionale di poco più di quaranta minuti dalle tonalità buie e avvincenti le cui atmosfere ipnotiche si tingono di solitudine. Ma come spesso accade quando ti si spezza il cuore si sa, un giorno ti alzi e la sofferenza appare svanita. Ecco SASAMI è un po’ così, racchiude nella purezza stilistica di dieci brani un messaggio di occulta speranza, visibile solo a chi sarà capace di intercettarlo.

70/100

(Simona D’Angelo)

foto in home ALICE BAXLEY