Intervista al QUIET ENSEMBLE

Molti di noi li hanno conosciuti grazie al folgorante light set che ha accompagnato gli show di uno dei fenomeni più chiacchierati degli ultimi tempi. Ma ben prima dell’esplosione di LIBERATO, il Quiet Ensemble, che si prepara a presentare il suo intervento luminoso ANTILIGHT al Sónar di Barcelona insieme al misterioso progetto napoletano (già apprezzato anche nel live del 9 giugno a Milano che vi abbiamo raccontato), si distingue per i suoi lavori di ricerca visuale davvero fuori dal comune.
Il Quiet Ensemble nasce nel 2009 dall’incontro tra Fabio Di Salvo, che si occupa di sperimentazione e ideazione di opere video interattive utilizzando moderni software di manipolazione audio-video e Bernardo Vercelli, laureato in scenografia teatrale in Norvegia, lavora come light designer a Copenhagen in Danimarca. Insieme sviluppano un interesse rivolto alla contaminazione di modalità espressive differenti osservando il rapporto tra tecnologia e natura, l’unione tra l’immaginario concreto ed astratto e l’equilibrio tra casualità e controllo, dando vita a soggetti composti dal perfetto connubio degli elementi, spostando l’attenzione su aspetti insignificanti e meravigliosi, come il movimento di una mosca o il suono degli alberi.

Parallelamente l’interesse si allaccia a quel settore di nuove tecnologie che esplorano le possibilità estetiche e concettuali derivanti dalle tecniche dell’interattività, lavorando al rapporto tra l’immagine e il suono, studiato esclusivamente in relazione a un ambiente specifico – site specific, con l’obiettivo di rivelare luoghi comuni attraverso punti di vista differenti.
ANTILIGHT, l’intervento luminoso pensato appositamente per il Live di Liberato presentato per la prima volta a novembre 2017 durante Club To Club Festival a Torino e che sarà di nuovo di scena a Barcelona e in occasione di altre date annunciare, è una riflessione sulla natura di quest’elemento, in un gioco che inverte il meccanismo della visione. In accordo con la scelta di anonimato di LIBERATO, Il lavoro dei Quiet Ensemble ne amplifica il senso, per costruire un progetto che continua quella che è la propria riflessione artistica.
L’elemento naturale preso in analisi è la luce, in una dimensione cosmica, nel grande cerchio sospeso che nella prima parte del live domina il palco, animandosi in un viaggio che restituisce la sua natura di elemento generatore, diventando materia oscurante poi, in un gioco di riscrittura dello spazio, attraverso linee di luce e proiezioni aeree.

Kalporz si occupa solo trasversalmente degli aspetti visuali delle performance, soprattutto parlando di festival, allestimenti e set particolarmente curati da quel punto di vista. Che termini usereste per descrivere la ricerca visuale del vostro progetto a un pubblico poco esperto?
Fabio Di Salvo: La nostra ricerca visuale è in linea con l’universo artistico Quiet ensemble, composto da un’ attenzione rivolta verso l’invisibile e il casuale. L’approccio progettuale è uguale a quello delle nostre performance e delle nostre installazioni, cioè partire da un concept e svilupparlo seguendo la nostra poetica.
Bernardo Vercelli: È un nuovo universo per noi quello dell’ambientazione visiva relazionata a un concerto, il nostro approccio a un set musicale è istintivamente paragonabile a un dipinto. Ascoltiamo la musica e cerchiamo di creare un quadro vivente che enfatizzi l’emotività dettata dalla stessa. Utilizziamo vari media, dalla luce al video, alla nebbia o altro (lo vedrete a Ortigia Sound System…) per disegnare nello spazio un universo coerente e allo stesso tempo estraniante, che trasporti il visitatore in un ambiente altro.

Dove vi siete formati? Come vi siete conosciuti? Qual è l’esperienza che vi ha fatto capire che questo sarebbe stato il vostro percorso?
F: Ho cominciato a esplorare questo campo artistico a Roma tra università e prime collaborazioni, con Bernardo ci siamo conosciuti circa 10 anni fa per un progetto comune e a distanza di un anno abbiamo fondato “Quiet ensemble” e da allora stiamo percorrendo una strada artistica che si sta sviluppando nel corso degli anni. Non ci siamo mai concentrati su un percorso specifico, cerchiamo semplicemente di portare avanti una ricerca che parte da ciò che ci emoziona e cattura l’attenzione osservando ciò che ci circonda, dai piccoli fenomeni naturali a eventi macroscopici.
B: Dopo aver concluso il liceo artistico a Roma sono partito per la Scandinavia, nello specifico in Norvegia dove ho studiato “scenekunst” (arti della scena), poi intrapreso un tirocinio di un paio d’anni come light designer a Copenhagen. Per caso ci siamo incontrati e abbiamo subito cominciato a lavorare insieme, inizialmente lavorando su installazioni interattive, progetti di videomapping e simili.. poi abbiamo cominciato a far suonare pesciolini rossi e l’energia elettrica della frutta… il nostro percorso è dettato dal caso, dall’errore. Non sappiamo ancora in che direzione stiamo andando, cerchiamo di rimanere curiosi.

Leggo che Bernardo ha avuto esperienze significative in una delle aree più creative e avveniristiche dal punto di vista del light design e della visual art, intendo la Scandinavia. Quali altre aree definireste più sul pezzo come scuole al giorno d’oggi? In quali scuole o istituti consigliereste di formarsi? In Italia? In Europa? Nel mondo?
F: In Italia ci sono ottime scuole per imparare tecniche e approfondire la conoscenza a 360° di diversi campi artistici. Il mio consiglio è quello di cercare una strada personale e trovare un proprio linguaggio di comunicazione, al di là di ogni insegnamento o scuola. In ogni caso trovo “Fabrica” di Treviso un’ottima scuola.
B: La Scandinavia la consiglierei sicuramente, in Canada ci sono delle realtà forti che indagano l’ars numerique (arti digitali), in Italia andrei al nord… Torino o Milano. Credo che oltre agli studi sia importante fare, sperimentare, fare errori, creare e rompere le cose… ovunque ti trovi.
Molti di noi, com’è logico che sia, vi hanno conosciuto per l’incredibile lavoro realizzato per Liberato a C2C. ma piuttosto vi chiederei come siete entrati in contatto col team di Liberato.
F: Conoscevamo da anni Francesco Lettieri, che ci ha chiesto di collaborare per la realizzazione di uno spettacolo speciale e diverso dal solito per il Club2Club, e cosi è nata l’idea di “Antilight”, ossia uno spettacolo luminoso per nascondere il musicista in scena.

Non vi chiederò chi è Liberato, è uno degli aspetti più intriganti del progetto questa segretezza. Ricordo che persino Lettieri, beccato per caso in un bar prima dello show, non sapeva cosa aspettarsi e non vedeva l’ora di scoprirlo insieme a tutti noi. In molti hanno concordato che quel set di Liberato, rispetto a quello di qualche mese prima al MI AMI, aveva contribuito a rendere il progetto come qualcosa di molto credibile all’estero. Soprattutto come produzione e set. Cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi set per Liberato? Senza spoiler… 🙂

F: emoji della bocca cucita

B: emoji della bocca cucita

C’è qualcos’altro in Italia che secondo voi ha un respiro davvero fresco e internazionale a livello di set visuale?
F: Non conosco bene questa scena in Italia, ma uno dei progetti che più mi aveva colpito negli ultimi fu un live audio video degli Otolab chiamato Schism. È un progetto di grande respiro che regge il confronto anche all’estero.
B: Come set visuale in funzione di live musicali in Italia non mi viene in mente nulla, come set visuale a livello artistico mi piacciono diversi artisti, sono interessanti e stimolanti ad esempio i lavori di Quayola.

Un set che vi ha lasciato letteralmente a bocca aperta dal punto di vista visivo. Personalmente sono ancora scioccato da quanto portato dal vivo da Bjork in questo tour, soprattutto per i visual curati da Jesse Kanda…
F: Il lavoro di Jesse Kanda con Bjork è davvero interessante, cosi come quello con Arca, ospite che abbiamo già conosciuto al C2C e che rincontreremo al Viva.
B: Succede spesso di avere una netta distinzione tra set up concettuale e installazione/performance artistica, il lavoro con Liberato è interessante perché rompe questa divisione ed unisce i due universi, il live musicale diventa un tutt’uno con l’opera d’arte creando così un unico elemento. Siamo convinti che sia un punto di forza una collaborazione di questo tipo, potrebbero aprirsi percorsi molto interessanti e di forte impatto. Per rispondere comunque alla domanda direi che un set che mi ha lasciato letteralmente a bocca aperta è stato “Genesi”, un lavoro della Societas Raffaello Sanzio.

A che altri progetti di rilievo state lavorando?
F: Abbiamo da poco presentato la nostra nuova performance “Back Symphony” un progetto in cui i musicisti sono dei fari motorizzati in scena, e tutti i suoni del live nascono dalla loro meccanica. Un altro progetto che stiamo sviluppando è “Invisibili Orchestre” ossia un concerto di suoni naturali registrati nel luogo della performance. Un concerto visivo in cui gli spettatori possono assistere vedendo illuminarsi tutti gli elementi naturali da cui sono stati registrati i suoni. Lo abbiamo presentato al Wired Next Fest e ad Altrove festival, mentre ad agosto lo presenteremo alla tenuta Donnafugata in Sicilia.
B: Nel futuro prossimo saremo ancora presi con Liberato, la prossima al Sonar di Barcellona… a brevissimo. Successivamente il progetto “di rilievo” a cui stiamo lavorando è un concerto audio-video in una grande vigna durante la vendemmia notturna in Sicilia. Si tratta di un intervento site-specific dove andremo ad amplificare la raccolta e daremo vita a un vero e proprio concerto visivo, ma non voglio raccontarvi troppo… Subito dopo avremo “Back Symphony” in occasione del festival Romaeuropa, è la nostra ultima performance, una sinfonia meccanica, un balletto cinetico di fari motorizzati.

Che musica ascoltate? C’è qualcosa di estremamente recente che vi piace?
F: In questo ultimo periodo mi sto avvicinando sempre più a progetti di musica di contaminazione tra diverse culture.
B: Ho 5 playlist che spesso aggiorno, generalmente i generi che prediligo sono rap ed elettronica, ma ho un ventaglio piuttosto vasto di musicisti e generi che mi piacciono. Ascolto anche molta musica davvero orribile…

Un videoclip uscito negli ultimi due anni che ha cambiato il corso della storia.
F: Mi piacciono molto i video degli Ok Go, ogni video che pubblicano lo trovo geniale…
B: Trovo gamechanging il video di “Thoiry remix”, il modo in cui è stato creato, la call a scatola chiusa ai partecipanti e l’evento che hanno messo su mi lascia da pensare. Esteticamente mi piace “Mazda” di Aisha Devi, “Territory” di The Blaze e i video di Tyler, The Creator e soci…