BØRNS, “Blue Madonna” (Interscope, 2018)

Garrett Clark Børns è un cantante e songwriter del Michigan, ventiseinne dallo scorso 7 Gennaio. Il suo secondo disco “Blue Madonna” esce a pochi giorni di distanza inserendosi da subito nella Top 200 di Billboard, come già fece l’esordio “Dopamine” del 2015. Una prima differenza è avvertibile nelle immagini di copertina, dove troviamo un ragazzo dall’aspetto bohémien e trasformista pronto a concedere tutto se stesso. “Blue Madonna” infatti se da una parte omaggia l’artista dalla quale l’universo pop si è generato – la Louise Ciccone, dall’altra svela il lato più malinconico di BØRNS.

Al momento non si arriva a quelle vette ma il nostro non difetta certo in sfrontatezza ed è sulla buona strada per diventare uno dei beniamini musicali odierni, à la Lorde o Imagine Dragons per intenderci. La partenza non potrebbe essere delle migliori: “God Save Our Young Blood”, oltre a coinvolgere Lana Del Rey (sorta di madrina spirituale del disco, presente anche nella title track), mi ha ricordato nell’impeto del refrain “We Are Young” dei Fun. ormai datata 2011.
Anche gli altri singoli si rivelano vincenti: si passa dal confessional r’n’b di “I Don’t Want U Back” al glam corale di “Faded Heart”, scritta con in mente Lou Reed (“I pictured him when I wrote this singing about being a glowing star with a fragile heart“) ma piuttosto vicina ai Scissor Sisters. Promosse a livello di scrittura e arrangiamento “We Don’t Care”, un audace rockabilly futuristico, e l’elegante ballad “Supernatural” che mi ha ricordato le produzioni radio-oriented di Lisa Stansfield.

Citati i due episodi migliori di “Blue Madonna”, fanno da contraltare brani quali “Man” in cui il cantautore americano sembra copia carbone della londinese Florence Welch e la chiusura “Bye-bye Darling” in stile Robbie Williams/Take That. BØRNS ha fatto centro, (con niente) di nuovo.

62/100

(Matteo Maioli)