WEIRD BLOOM, “Blisstonia” (We Were Never Being Boring, 2018)

Strana e opaca foschia si respira sulla linea verde a Milano, il sabato sera sembra un film noir di una Hollywood che non esiste più, nelle cuffie mentre torno a casa, con una strana sensazione, c’è “Blisstonia”, disco che seppur ambientato in una Roma da LSD, è un habitus mentale che avvolge e completa la totale stravaganza di ogni città divisa a metà, tra il sottosopra e un parco giochi pieno di zucchero filato dai colori strani.

Luca di Cataldo & Matteo Caminoli, dall’alto della loro esistenza romana, sono stati capaci di estremizzare e tirare fuori le gemme da questo calderone. Il disco è uscito da poco e si chiama “Blisstonia”: loro sono i Weird Bloom e dopo un primo album registrato con due soldi, avranno il loro riscatto grazie alla scommessa targata WWNBB. Il lavoro è una full immersion in un mondo personale, in un certo senso distopico, dove incubi sogni e strani colori prendono vita.
Il classico stile anni ‘60, spumeggiante e psichedelico, mi ha portato in tutto il disco a sentirmi come in un album degli The 13th Floor Elevators, precisamente è stato come ritrovarsi davanti, ad ogni ascolto, la leggendaria strofa ricca di esoterismo: “Seven stars receive your visit/seven seals remain divine/ seven churches filled with spirit”.

Ogni passaggio del lavoro è appagato da quel tappeto di misticismo che aleggia sui testi: il gruppo si è lanciato in un’avventura visuale e multimediale, capace di coniugare posti e idee diversissime tra loro.
Blisstonia” è un bagno nel brodo primordiale, una chiacchierata con le prime forme di vita preistoriche, un ballo nel Jurassic Park dietro casa.

Il disco riesce ad essere estremamente aneddotico e colmo di idee, che seppur non nuovissime, si infilano come un vestito perfettamente disegnato sull’intensità sonora dei Weird Bloom.
Le loro scelte sonore sono anacronistiche e sottolineano qualcosa di più profondo di una semplice nostalgia musicale: c’è una visione ricca e chiara nel loro modo di intendere la musica e in questo contesto è evidente il rapporto tra creatività e realtà che spesso è rimodellato, miscelato e cambiato.
L’evoluzione è una veste che non si cuce da sola.

Uno dei pezzi dove è possibile capire il binomio rievocazione-innovazione proposto dal gruppo è “Cretans Are Liars“, il brano è colmo di un senso e gusto lontano e forse perduto in un certo tempo.

La tracklist disegna una mappa del tesoro che porta tra dei paradisi artificiali, nelle province sperdute di un impero che i Weird Bloom stanno costruendo con maturità e follia. Il dado è tratto e il salto di qualità è indubbio, ora il tempo dirà la sua: la band sarà capace di stravolgere la nostra nozione di intendere il tempo per confonderci nel loro show?

 

74/100

(Gianluigi Marsibilio)