THE CHARLATANS, “Different Days” (BMG, 2017)

Pochi giorni separano l’attentato di Manchester dall’uscita del tredicesimo album di una delle maggiori band della città, i Charlatans: niente di più distante, nel significato dei due eventi. Musica vitale quella di “Different Days” a delineare lo stato di grazia di Tim Burgess e soci, che con il tema morte hanno comunque un conto aperto – due le perdite nella storia dei mancuniani, quella del tastierista Rob Collins in un incidente d’auto nel 1996 e del batterista Jon Brookes nel 2013 per un tumore al cervello. La risposta è dentro a brani malinconici ma ariosi che condensano pop, baggy e rock da FM con l’ausilio di un parco ospiti da urlo.

Con l’aiuto in produzione di Jim Spencer, i Charlatans allestiscono per l’album una trama quasi sempre convincente – soprattutto dal punto di vista musicale: due esempi su tutti il magnifico singolo “Plastic Machinery” e la cavalcata “Not Forgotten”, forti del contributo di due pesi massimi come l’ex-Smiths Johnny Marr e Anton Newcombe dei Brian Jonestown Massacre. Alla batteria si alternano invece Pete Salisbury (sentite che passo in “Let’s Go Together”, back to “Urban Hymns”) e Stephen Morris dei New Order; chiusura in grande stile con la ballad “Spinning Out” scritta insieme a Paul Weller, ma se dovessi eleggere la canzone più bella del disco il premio andrebbe a “Over Again”: frizzante revival del Madchester sound rappresentativo dei lavori della prima ora – in particolare “Between 10th and 11th” – dove oggi i synth rimpiazzano le chitarre acide e alla parte ritmica troviamo Donald Johnson degli A Certain Ratio e Nik Void (Factory Floor).

Il Tim Burgess del 2017 canta per mezzo di slogan se vogliamo universali, “Desperately Seeking Solutions“, “There Will Be Chances“, “Don’t Be Part Of The Machinery“…ed è questo il punto di forza di “Different Days”. Assurgono più a compitino la prima traccia “Hey Sunrise”, in cui ho notato una lieve somiglianza melodica con “Never Tear Us Apart” degni INXS, e “The Same House” esplicita già nel titolo di un groove fine solo a sè stesso. Dettagli minimali considerati nell’insieme e spazzati via dall’urgenza del chorus della title track, “You Point To The Future, And Then You Walk Away” – metafora del disimpegno sociale, come degli interessi politici che alimentano guerre tra popoli, per una band da sempre incline a critiche velate che nascono nel quotidiano ma che terminano inevitabilmente altrove. Protagonisti infine degli spoken words lo scrittore Ian Rankin e Kurt Wagner dei Lambchop: So Oh, il racconto dei Charlatans continua ad appassionarci.

74/100

(Matteo Maioli)