R.E.M., “New Adventures in Hi-Fi” (Warner Bros, 1996)

r-e-m-new-adventures-in-hi-fi“New Adventures in Hi-fi”, decimo album dei R.E.M., è un diario di viaggio. Contiene avventure di varia natura, racconti di eccessi, delusioni. Le storie raccontate in note e musica librano nell’aria, nei vari soundcheck in giro per gli Stati Uniti (Athens, Seattle, Los Angeles). Il movimento, il continuo cambiamento è percepibile su disco, qualsiasi luogo sia destinato all’ascolto dell’album si trasforma in macchina del tempo. Non ha importanza dove vi troviate, qualunque coordinata spazio-temporale perde di significato, di fronte a un’opera così fortemente coinvolgente. Appena parte il primo brano, il mondo sembra fermarsi, è solo illusione, una delle tante, narrate dalla voce Stipe, tra ballate malinconiche e brani dal tiro potente, ricordanti a tratti lo stile del precedente “Monster”.

Il cantato di Stipe ritorna in primo piano, la narrazione è in prima persona e permette all’ascoltatore di identificarsi con i vari protagonisti dei brani: il lebbroso, invitato in una trasmissione televisione e dimenticato in un angolo (“New test Leper”), la rockstar glam persa nei vecchi sogni di gloria (“The Wake up-bomb”), Binky, lo zerbino, personaggio ispirato al film Shakes the Clown (“Binky the Doormat”). Il concetto fondante dell’album è il viaggio come fuga dalle illusioni e crisi emotive, tale idea è particolarmente evidente in “Leave”, “Departure”, “So fast, so numb”, “Low Desert”, ma questa incertezza di fondo permea tutto il disco. “How the west was won and where it got us” incarna le false speranze della civilizzazione occidentale, “Undertow” descrive la disperazione più bieca, “E-bow the letter” raccoglie un ipotetico flusso epistolario tra due persone, nel brano la voce del destinatario è impersonata dalla poetessa del rock Patti Smith, “Bittersweet me” e “Be mine” parlano del nobile del sentimento dell’amore da due prospettive diverse: la prima fotografa la fine di una passione, la seconda l’assurdità di un innamoramento folle. Ogni emozione è un dubbio, che vaga a suon di note tra deserti sperduti e le luci di Hollywood (“Electrolite”). Un affresco della vita americana involontario ma perfetto nella sua ingenuità.

94/100

(Monica Mazzoli)