Nada Surf (+ Phidge), Zona Roveri, Bologna, 31 Ottobre 2016

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Un Halloween 2016 del tutto differente. Ergo un freddo lunedì della periferia bolognese, riscaldato da un cuore rock newyorkese (e qui mi fermo con le rime). Matthew Caws, Daniel Lorca e Ira Elliot suonano per quasi un paio d’ore davanti ad un pubblico tanto esiguo, quanto carico e fedelissimo. E che va in brodo di giuggiole quando a fari spenti il gruppo scende dal palco, prima per cantare una resa acustica di “Blizzard of ’77” e poi per scattare foto, firmare dischi e stare proprio insieme alla gente che li adora, per la loro assoluta normalità e straordinarietà al tempo stesso.

“Siete fortunati a essere qui”. Così parlò Riccardone – non è uno scherzo, trattasi di Riccardo Fedrigo chitarrista compositore della band di supporto, i locals Phidge che presentano il terzo lavoro uscito per la bolzanina Riff Records e dal titolo “Paris”. Il brano omonimo e “A Couple of Things” sono gli apici del breve set di un interessante quartetto indie-rock che si muove ugualmente tra new wave britannica e indie-rock di derivazione emo di fine anni novanta. Canzoni immediate e senza fronzoli, melodie scintillanti (“Door Selected”) con la voce di Dodi Germano sopra la media dei gruppi di pari genere: l’abbrivio alla serata non poteva essere più indovinato, lo farà notare più tardi anche il leader dei Nada Surf ringraziandoli sentitamente per la loro musica.

Ed eccoli, i Nada Surf. Band che per trentanni di vita conoscevo solo come quella di “Inside of Love” tramessa con insistenza da MTV nel 2002, bravi ragazzi nerd che ce l’avevano fatta, anzi no, perchè l’Elektra li scarica alla vigilia della pubblicazione del notevole (a mente fredda) “The Proximity Effect”. Una storia fatta di alti e bassi giunta all’ottavo studio album, curiosamente pubblicato il giorno del mio compleanno, “You Know Who You Are”. Una dichiarazione di intenti, anzi una presa di coscienza di sè per un nuovo inizio – e con collaborazioni di tutto rispetto, da Dan Wilson dei Semisonic a Ken Stringfellow dei Posies. Sei gli estratti proposti durante il concerto, e non si sbaglia molto dicendo che sono i migliori brani scritti da un pò di anni a questa parte: l’ariosa “Cold To See Clear”, posta in apertura dopo la classica “Hi-Speed Soul”; la ruvida “New Bird”, puro college rock con un assolo da brividi di Caws; la perfezione pop di “Rushing”.

Le ventidue perle in scaletta spaziano lungo l’intera carriera del trio (dispiace l’assenza dell’ex-Guided By Voices Doug Gillard, chitarrista aggiunto) senza soluzione di continuità, accontentando fan della prima e ultima ora. Dalle stranote “Weightless” e “Always Love” che ne mostrano il romantic side fino alle cavalcate di “Happy Kid” (molto Lemonheads) e “The Way You Wear Your Head”, dal capolavoro “Let Go”. E ancora “80 Windows”, malinconia a vele spiegate in un pezzo che rimanda ai primi Travis; “Concrete Bed”, up-tempo dal chorus anthemico che mostra una band spesso più a suo agio dal vivo che su disco; la corale “Friend Hospital”, tra Big Star e Neil Young.

Matthew Caws, classe ’67 come Kurt Cobain e Noel Gallagher – una simbiosi dei due? è davvero loquace, passando dallo scherno per il batterista e il suo cappello da cow-boy fino agli argomenti più seri, quali religione, politica americana, valore dell’amicizia, maltrattamento di bambini in Giappone. Bella anche la parentesi in cui cita Springsteen che in un convegno di nuovi artisti disse che una band emergente deve ricordarsi nel momento di suonare che è in gamba, The Greatest , e al contempo Sucks…questo a dimostrare la teoria che gli opposti devono sempre convivere. Sì, una giusta osservazione dall’autore di “Popular”, hit Billboard del 1996 che alla maniera di “Buddy Holly” per i Weezer doveva proiettare i Nada Surf nella mecca delle stelle del rock. Brano infilato tra i bis, con l’altrettanto spettacolare “Hyperspace” e l’imprescindibile ballad “Inside of Love”. Eppure sono due i momenti che non dimenticherò di questa serata a Zona Roveri: “Blankest Year”, rockabilly e Sonic Youth a braccetto più il controcanto del pubblico, e i versi da sogno a occhi chiusi di “Blonde On Blonde”, recitati dalla voce da brividi di Caws.

Appare semplice, la musica dei Nada Surf. Eppure c’è qualcosa di profondo e veramente sincero che esce dalla chitarra piena di effetto di Matthew Caws, dal basso melodioso e circolare dell’istrionico Daniel Lorca e dal drumming pazzo e istintivo di Ira Elliot. Passione. Al di là di fama e successo. Canzoni. Siamo fortunati perchè con loro non mancheranno mai.

La set list / ricordo autografato dei Nada Surf dal vivo a Bologna:

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(Matteo Maioli)