MACHINEDRUM, “Human Energy” (Ninja Tune, 2016)

machinedrumI periodi di transizione hanno da sempre influenzato la nascita di nuovi modi di vedere e concepire la realtà delle cose, poi, se la parentesi diventa il luogo dove germoglia un nuovo amore (“the joy of falling in love”), lo iato sensoriale si eleva alla massima potenza. Travis Stewart, producer USA di stampo glitch-elettronico meglio noto come Machinedrum, già membro del duo Jets e dei Dream Continuum (Travis + Om Unit), dopo essere approdato a sonorità jungle e footwork nel suo più recente capitolo “Vapor City”; ora, decide che è arrivato il momento di cambiare rotta nuovamente, confermandosi così come una creatura decisamente mutevole capace di incagliarsi, a suo piacimento, su territori apparentemente inesplorati. Il suo ultimo approdo su Ninja Tune è un nuovo humus abitativo che lui stesso presenta come il risultato di un periodo di grande cambiamento: una nuova città, una nuova casa, nuovo laptop e, un nuovo amore. Risultato di questo piacevole shock esistenziale è la nascita di una visione diversa, più colorata del solito e sbilanciata verso una concezione onirica in cui coabitano influenze esoterico-new age racchiuse nella sua recente fatica “Human Energy”.

Il disco è un’apoteosi di sapori, dove ci si può perdere con estrema disinvoltura se non ci si immedesima da subito. Ben sette sono i featuring vocali, “Tell U” e “Do It 4 U” (rispettivamente con Rochelle Jordan ed il “rookie” Dawn Richard a.k.a. D∆WN), trasformano voci in percussioni e viceversa in un tripudio di chop vocali alternate, stessa sorte per “Angel Speak” ft. MeLo-X; “Dos Puertas” con Kevin Hussein (producer di Rihanna) con le sue chord EDM è diventato da subito il disco preferito di Diplo, “White Crown” ft. Tosin Abasi sconfina verso sonorità chip tune e vapor wave, “Morphogene” ft. Ruckazoid e “Celestial Levels” ft. Jesse Boykins sembrano essere due lavori glitch speculari. Diversamente, Travis quando và da solo si immerge in una slow pace of life, sensoriale e trascendente, che raggiunge lo slancio massimo in “Etheric Body Temple” e “Opalescent”.

Ne esce fuori un disco fluido, sospeso in un limbo di terra indecifrabile, a tratti indefinibile (vedi “Lapis” e “Spectrum Sequence”), compreso tra sonorità EDM e chopping glitch pop elettronici.

72/100

(Matteo Mastracci)

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credit Tonje Thilesen