ALEX CALDER, “Strange Dreams” (Captured Tracks, 2015)

artworks-000090615119-7zjuzv-t500x500 Alex Calder, 23enne di Vancouver, è sicuramente uno dei parti più interessanti degli ultimi anni in casa Captured Tracks. Fratellino di spirito di Mac DeMarco, nonchè compagno di avventure on the road sotto il moniker Makeout Videotape, questo suo secondo album “Strange Dreams” può reggere il confronto proprio con “II”, lavoro che ha consacrato il cavallo pazzo di Edmonton. Restano forti le influenze glam (non uscirebbe altrimenti un singolo intitolato “Lola”) ma rispetto a DeMarco si acuisce l’aspetto psichedelico e straniante – come vuole appunto ogni sogno che si rispetti.

Una caratteristica, l’indole visionaria, evidente soprattutto nella prima parte dell’album e la tripletta di brani che lo apre: ascoltare “Retract” per credere, quasi una outtake da “Parallax” di Atlas Sound – ed in generale l’aura di Bradford Cox è ben presente negli arrangiamenti e nel mood di “Strange Dreams”. Segue una ruvida e nervosa title track con il sapore tutto particolare delle produzioni di un Robyn Hytchcock; poi improvvisamente i suoni si fanno più gaze, a tratti sporchi (“Memory Resolve”) e finiamo per ritrovarci nella decompressione più totale (“The Morning”).

Il viaggio di Alex Calder a questo punto si illumina di colori e personaggi, sfociando in una scrittura bubblegum pop debitrice tanto di Brian Wilson (“Marcel”) quanto di Todd Rundgren (“Mid Life Holiday”). Non mancano nemmeno riferimenti alla scena chillwave: velluto blu a braccetto dei Wild Nothing in “No Device”. Il divertissement da spiaggia deserta a fine estate, “Life Purpose”, è la traccia che rimane più immediata dell’intero disco – ospite la graziosa Caitlin Loney.

Concludendo, il ragazzo ci sa fare. Il passo in avanti rispetto a “Time” del 2013 è lodevole, magari occorre variare ulteriormente la proposta. “Strange Dreams” sono trentacinque minuti di musica buoni, se non per tutti i gusti, per tutte le stagioni.

72/100

(Matteo Maioli)