ALCEST, “Shelter” (Prophecy, 2014)

Alcest-Shelter
La seconda vita degli Alcest. È questo ciò che rappresenta il nuovo disco, “Shelter”, per il progetto capitanato sin dal 1999 dal poliedrico musicista francese Neige. Sì, perché “Shelter” arriva alla fine di un percorso che ha portato la band ad allontanarsi sempre di più dalle sue origini black metal per sviluppare un suono tra il post rock e lo shoegaze.

Il nuovo lavoro scalcia via tutto quello che è accaduto nella prima parte della carriera del gruppo, incluse le influenze metal che persistevano nelle precedenti produzioni, per lanciarsi in modo convinto verso territori dove si uniscono distorsioni e melodie. E questo “nuovo inizio” può essere valutato in modo assolutamente positivo, senza alcuna esitazione. “Shelter” è stato registrato in Islanda nello studio dei Sigur Ros e vanta degli ospiti prestigiosi: in primo luogo Neil Halstead (Slowdive, Mojave 3, Black Hearted Brother), ma anche gli islandesi Amiina e Billie Landahl (Promise of the Monster). Un disco trasversale, in un certo senso, che ha tutte le carte per piacere a un pubblico con ascolti differenti. È chiara però l’intenzione di Neige di ancorarsi al post rock e allo shoegaze a cui si uniscono momenti vagamente dream pop (soprattutto per quanto riguarda le parti vocali). La formula funziona senza intoppi è l’album non conosce momenti morti, regalando costantemente emozioni.

Tra i brani che compongono il disco meritano una segnalazione particolare “Away”, arricchito dal contributo vocale di Neil Halstead, “Opale”, dalle venature vagamente pop e la conclusiva “Deliverance”, dieci affascinanti minuti di viaggio sonoro. Per essere l’inizio di una seconda vita, non c’è davvero da lamentarsi.

78/100

(Francesco Melis)

26 febbraio 2014