THE KNIFE, “Shaking The Habitual” (Rabid, 2013)

the-knife-shaking-the-habitualFinalmente, dopo sette lunghissimi anni, tornano i Knife. “Silent Shout”, il disco della svolta del duo di Stoccolma dopo il successo di “Deep Cuts” trainato dall’hit “Heartbeats”, era uscito nel 2006. Nello stesso anno, il paese simbolo della socialdemocrazia, svoltava a destra per la seconda volta nella storia, dopo la breve parentesi “moderata” del 1991-1994. Sette anni dopo, nel palazzo di Rosenbad, a Stoccolma siede ancora lo stesso premier di centro-destra, Reinfeldt. Nel frattempo è morto Bergman, sostituito nell’immaginario internazionale dalla trilogia Stieg Larsson. La Svezia ha rinunciato alla politica anti-nucleare e nel 2010 ha subito il primo attentato islamista della sua storia. Piratebay e Wikileaks sono diventate delle parole popolari quanto IKEA e H&M, con il partito dei pirati entrato nel parlamento europeo e quello degli ariani xenofobi degli “Svedesi Democratici” arrivato all’8%. Sono passati dodici anni dai riot di Goteborg durante il summit europeo immortalati in “When I Said I Wanted To Be Your Dog” da Jens Lekman, i nuovi ribelli svedesi nel 2012 si trovano a manifestare contro il sessismo di Instagram. E “Heartbeats” è ancora un inno naif di insurrezione urbana, come negli anni zero.

È in questa Svezia così confusa e “post” che va inquadrato l’attesissimo “Shaking The Habitual”. I fratelli Dreijer l’hanno preannunciato come un album politico e di rottura, ispirato alle profonde contraddizioni di un paese visto dall’estero come una wonderland di diritti civili e welfare. I nove minuti di “Full Of Fire”, presentata a inizio anno come primo inedito, ne sono subito un manifesto essenziale. Ritmica industriale sporca e ripetitiva, atmosfera sinistra da far sembrare rassicurante e ariosa qualsiasi produzione “witch house” degli ultimi anni. La voce di Karin solito marchio di fabbrica. Le liriche sono un omaggio a Villanelle, drag queen protagonista di un romanzo di Jeanette Winterson ambientato a Venezia.

Il video apripista è una denuncia tutt’altro che velata alla legge sulle detrazioni fiscali per chi assume delle colf senza pagare il minimo sindacale. I Knife sono incazzati neri, non le mandano a dire e lo si era capito dal secondo estratto, la traccia d’apertura “A Tooth for an Eye “, più sulla scia delle precedenti “Like a Pen,” “From Off to On”, ma che ondeggia su un groove più stridente. Come nella danza amazzonica “Without You My Life Would Be Boring” che suona come uno di quei flash tribali dei Gang Gang Dance. In “Raging Lung” e “Wrap Your Arms Around Me” centrifugano le irrequietezze marziali sintetizzate dai Radiohead di “Kid A/Amnesiac” in dieci minuti di estasi atmosferiche. Sempre con quella voce limpida e nervosa che caratterizza ogni brano dei Knife.

Anche grazie alla parentesi di Fever Ray e ai cameo con Royksopp (l’inno “What Else Is There?” e “Tricky Tricky), la trentottenne è diventata la voce simbolo del Nord Europa. Quello che Bjork ha smesso di rappresentare da un decennio con un timbro unico, magnetico, ammaliante, spettrale che sa emergere dall’oscurità (come dalla desolante ferraglia ambient di “A Cherry On Top”). Quando la voce si defila, è vero, si fa fatica a credere che sia The Knife. E nell’ora e quaranta di “Shaking The Habitual” i momenti per così dire coraggiosi e ostici non mancano. In chiusura del “primo lato”, “Old Dreams Waiting To Be Realized” è una diciannove minuti di drone e silenzi sbattuti in faccia a chi sculettava nei momenti più gai di “Silent Shout”. Così come i dieci minuti di angosce kosmische tra Lynch e Penderecki di “Fracking Fluid Injection” che tagliano l’aria e i timpani come una mannaia. I due non badano a spese, spesso di quel synth-pop spigoloso e conturbante non rimane che una visionaria jam allucinata e claustrofobica. Quando i ritmi si alzano vertiginosamente come in “Networking” e , l’album si trasforma nel sottofondo di un sabba alientante, digitale ancorché magmatico in “Stay Out Here”.

La principessa di Svezia, Victoria, è stata appena nominata alla successione, sua madre Silvia gode di ottima salute.
Ma, al pari del modello svedese, per i Knife, la regina è già morta e sepolta.

(Piero Merola)

86/100

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