TAME IMPALA, “Lonerism” (Modular, 2012)

“Never Miss a Beat”, cantavano i ruffianissimi Kaiser Chiefs alcuni anni fa, affermazione che calza a pennello ai quattro giovani australiani originari di Perth che si fanno chiamare con il nome di Tame Impala. “Innerspeaker”, il loro disco d’esordio, non ha ancora finito di svelare tutta la perfezione dei suoi azzeccatissimi beat ed ecco che l’ispirato quartetto si rifà vivo a poco più di due anni di distanza con “Lonerism”, album a dir poco folgorante, che promette di ritagliarsi un posto d’onore nelle consuete classifiche di fine anno.

Se, citando il nostro Piero Merola,“i Beach House sono uno di quei motivi per cui bisognerebbe smettere di fare i nostalgici”, beh per i Tame Impala vale lo stesso identico discorso. Certo, con due soli full lenght all’attivo la loro storia è ancora tutta da scrivere, ciò non toglie che con questa coppia di preziosissimi dischi la band di Perth abbia fatto già molto per la musica rock contemporanea.

“Lonerism” non rimbalza addosso con tutta la sua carica esplosiva già al primo impatto, come faceva invece il suo illustre predecessore, ma proietta lentamente in uno sfaccettato universo multicolore del quale non si può che restare felicemente prigionieri. Qui si va ben oltre il recupero di una certa psichedelia pioneristica targata sixties, i Tame Impala fanno di più, spostano i paletti dell’indie-rock attuale (o come preferite chiamarlo) un tantino più in là, rinnovando o meglio reinventando un genere alla pari di quanto fatto da illustri colleghi (Animal Collective, Deerhunter, Fleet Foxes, fate voi).

Kevin Parker, principale compositore della band australiana, è sostanzialmente un solitario ed il suo amore per il feedback e le armonie chitarristiche è perlomeno pari alla sensazione di straniamento che traspare dai testi delle sue canzoni. Si parla spesso di solitudine, di disagio in mezzo agli altri, eppure le melodie restano sempre, indiscutibilmente, catchy. Ascoltare per credere la morbida cavalcata “Keep On Lying” ed il brusio di voci che si odono in sottofondo, quasi a voler sottolineare il sentimento di oppressione che a volte si prova in mezzo ad un gruppo di persone sconosciute. Nel finale del pezzo, come ciliegina sulla torta, Parker piazza una lussureggiante coda di chitarra e organetto (chi altri ha pensato ai Doors alzi la mano!), che mostra ancora una volta come le divagazioni strumentali di marca Tame Impala non siano mai fini a se stesse.

Basterebbe anche solo un gioiellino come “Apocalypse Dreams”, eloquente fin dal titolo, per decretare il valore assoluto di questo album. Il pezzo in questione, con l’avvolgente dialogo chitarra-tastiere, le suadenti vocalizzazioni lennoniane ed il suo finale “spaziale”, non è però che solo una delle tante perle sparse lungo la tracklist. Altrettanta meraviglia destano infatti “Feels Like We Only Go Backwards”, con il suo riecheggiante refrain che sembra giungere da un pianeta lontano, e “Why Won’t They Talk To Me”, allo stesso tempo chiassosa e malinconica.

Nel mezzo di questo mood quasi cosmico “Lonerism” concede anche qualche pillola di puro easy listening. L’attacco di “Be Above It”, con l’incedere martellante di batteria e i riverberi di chitarra, fa a gara con il primo singolo, “Elephant”, per il titolo di pezzo più immediatamente orecchiabile del lotto. Quest’ultima, seppure leggermente avulsa dall’atmosfera generale, offre un groove aggressivo ed incalzante ed un cantato a dir poco perfetto. Come in tutti gli altri brani, del resto.
Il talento di Kevin Parker si rivela in tutta la sua grandezza anche quando il giovane musicista tenta di percorrere strade diverse, come nell’intermezzo “She Just Won’t Believe Me”, che sarebbe bello vedere un giorno trasformato in canzone, o nella rarefatta ballata conclusiva “Sun’s Coming Up”.

Che altro dire in conclusione di “Lonerism”?
Il secondo album dei Tame Impala è l’esaltante conferma delle doti di un band che si fa fatica a non definire geniale. L’ascolto di questo disco somiglia in tutto e per tutto ad un trip lisergico, ad un viaggio in acido senza precedenti in cui la musica non serve da accompagnamento all’effetto della droga, la musica è la droga.

87/100

(Stefano Solaro)

28 settembre 2012

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