JOAN AS POLICE WOMAN, “The Deep Field” (Pias, 2011)

Tutto il vociare attorno al nuovo disco della poliziotta Joan Wasser è legittimato. “The Deep Field”, sulla carta, avrebbe dovuto infatti essere uno splendido connubio fra soul e indie, ma a conti fatti è qualcosa di più grande e misterioso. Il disco in questione ha iniziato ad aleggiare nella mia mente dopo ripetuti ascolti, ma solo ora che mi accingo a scriverne in merito, altre piccole luci  si accendono a intermittenza, mi abbagliano e mi destabilizzano, lasciandomi il dubbio di quanto possa arrivare lontano il terzo lavoro della bella americana.

Sicuramente nato della sofferenza dovuta alla morte della madre, “The Deep Field” prende subito le distanze dall’autocommiserazione e si lancia in una impetuosa arrampicata verso le cime altissime del soul, non quello patinato ed edulcorato generazione MTV, ma quello di gente del calibro di Marvin Gaye, Al Green, Otis Redding. Ha troppi argomenti da trattare, troppe parole ed emozioni da tramutare in musica, Joan As A Police Woman che non riesce a stare nelle canoniche ballate e negli standard radiofonici da tre minuti a canzone e quindi si abbandona ad un flusso di coscienza dove la musica è il vestito perfetto per fasciare e rendere sinuose queste dieci composizioni. Le voci che aprono il disco in “Nervous” sono le stesse voci che facevano da apripista ad uno dei più grandi capolavori  soul degli anni 70, quel “What’s Going On” che ancora oggi rimane un punto di riferimento per chiunque voglia cimentarsi con la musica dell’anima. La differenza è che Joan attualizza e rende la sua musica fruibile anche a chi ha poca dimestichezza con Sly and The Family Stone o Stevie Wonder in quanto rilega la matrice funk a orpello per cementare su nastro una moltitudine di strati che si rivelano poco alla volta, emozionando per la capacità di miscelare suoni vintage, synth, chitarre, fiati e una voce angelica che, nelle aperture melodiche e solari, ci lascia a terra e senza fiato.

“The Magic” ad esempio ha il groove nero sottopelle, che solo attenzione e svariati ascolti (magari in macchina, magari di notte, magari non ubriachi che vi ritirano la patente) potranno far affiorare. “Action Man”, delizioso soul in levare e la vostra dedizione alla black music si farà più marcata; allora ne vorrete ancora e incapperete nelle perle che rendono questo disco speciale. “Flash” è una rarefatta e celestiale ballata persa a metà strada fra Radiohead e Nina Simone, “Chemmie” e “Kiss The Specifics” sono  r&b lambito dai fiati, ma è ancora il sensuale soul elettrico a farla da padrone con “Run for Love” e una delicata “Human Condition” con Joseph Arthur alla seconda (sussurrata) voce. Mancherebbe la zampata funky per rendere questo disco ancora più nero, invece a sorpresa il finale sfodera la profondità di Jeff Buckley nella intimista “Forever and a Year”, una “Halleluja” al femminile di lacerante intensità. Chiude i giochi “I Was Everyone”, sei minuti in crescendo fra soul, cori gospel zuppi di fiati e lo sguardo rivolto al cielo per omaggiare la bellezza della vita.
La perfezione abita ancora su questa terra.

82/100

(Nicola Guerra)

Collegamenti su Kalporz:
Joan As A Police Woman Concerto al Nuovo Estragon (Bologna)
Joan As A Police Woman Real Life

17 febbraio 2011

3 Comments

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *