HANDSOME FURS, Face Control (Sub Pop / Audioglobe, 2009)

Avevamo metaforicamente lasciato la coppia di Vancouver – Dan Boeckner degli Wolf Parade e la sua fidanzata Alerei Perry – ai fornelli della loro casetta intenti a produrre elettronica povera (nell’album d’esordio “Plague Park”), li ritroviamo sempre a smanettare in maniera autosufficiente, ma qualcosa è migliorato nella cura dei suoni.

Corri in edicola! È uscito “Groove box e ricette di cucina”, l’unica rivista per musicisti amanti dell’elettronica a cui piace anche fare da mangiare! Nel secondo numero: “Ma come erano le groove box negli Anni Ottanta? Alla scoperta delle batterie elettroniche di quegli anni!”, “Cucinare i gamberoni e nel mentre usare le padelle per fare del rumorismo, si può” e “Ma se attacchi il minipimer alla chitarra elettrica fa l’effetto riverbero large room?”.

Ecco, questa sarebbe la recensione di “Face Control” fatta da Lillo e Greg in 610 (Sei Uno Zero). Non c’è molto altro da aggiungere, se non che gli Handsome Furs hanno guardato stavolta più a gente come i Cars (“All We Want, Baby, Is Everything”, “I’m Confused”), agli Eighties cioè, senza farsi mancare un po’ di invettive proto electro-punk (“Talking Hotel Arbat Blues”) o minimal barricadere alla Clash (“(It’s Not Me, It’s You)”). Con un pizzico di confusione in più in testa, c’è da dire. Senza cioè trovare un bel bandolo della matassa: è come se gli Handsome Furs avessero progredito nei mezzi perdendo un po’ nell’idea di base che era quella di un divertimento casalingo un po’ demodè. C’è maggiore movimento certo, più voglia di uscire dalle quattro mura, ma non è che poi tutto questo si trasmetta realmente.

Insomma, se a Dan proprio non bastano gli Wolf Parade forse è meglio che come Handsome Furs chiamino i loro amici nel salotto a fargli ascoltare ‘sta roba ed evitino di pubblicarla in tutto il mondo. Forse ha molto più senso.

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