MOTORPSYCHO, Little Lucid Moments (Stickman, 2008)

Chiamatelo Ep, se vi pare: la produzione degli scandinavi ne è strapiena e di certo loro non si risentiranno. Ma si consideri che, a dispetto dei suoi soli quattro brani, “Little Lucid Moments” conta un ammontare di sessanta minuti buoni, molto più di quanto possano vantare certi full lenght da dieci anche dodici pezzi cadauno. I quattro nuovi Momenti non sono poi così Piccoli (e neanche così lucidi, se è per questo), e quasi quasi potremmo dire che i Motorpsycho tornino a sfidare le nuove generazioni dei vari post-emo-neoproggher sul loro territorio, quello delle grandi lunghezze: se non fosse che, al contrario di questi ultimi, i tre di Trondheim non amano affatto irretire il proprio ascoltatore in millimetriche maglie di lana caprina; preferiscono di gran lunga corrergli incontro e con la forza dell’ignoranza sonica schiaffeggiarlo al suon di basso di Bent Saether.

Chiamatela psichedelia, quindi, o anche space rock se vi pare: non sono che due dei tanti generi – Dio solo sa quanti – che il terzetto ha saputo attraversare nel corso degli anni, e anche la stessa forma della suite sembrerebbe confermare questa direzione. Ma anche qui è d’obbligo considerare che – fatte salve alcune pause divaganti quasi fisiologiche e l’introspettiva “Year zero”- a fornire il grosso della creta sonora è piuttosto l’alt. rock nerboruto che già in passato era stato materia prima di capolavori epocali quali “Angels and Daemons at play” o lo stesso “Demon Box”. Consumato il divorzio con il componente storico Gebhardt, ora la formazione è forte di un propulsore ritmico nuovo di zecca, quello del neoassunto Kenneth Kapstad, più giovane degli altri due di quasi un decennio: è lui ad inaugurare in staccata la title-track ed è ancora lui che scandisce le ultime, esauste scudisciate, a conclusione di una poderosa “The Alchemyst” capace di far arrossire anche il più robusto dei Thurston Moore.

Il tempo e la maturazione negli ascolti sapranno dire se la statura di “Little Lucid Moments” potrà anche solo avvicinarsi a quella dei due capolavori che si citavano poco fa, o se invece si tratta di un apprezzabile intervallo per ingannare il tempo, l’incisione di un sadico rodaggio per il nuovo batterista, che peraltro ne uscirebbe a testa alta. Ciò che invece ci è dato capire fin d’ora è che, prima di far suonare così anche i propri “esercizi” muscolari, ai pivelli postemoneoprogheccetera mancano ancora diverse minestre da mandare giù.

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