WILD BILLY CHILDISH AND THE MUSICIANS OF THE BRITISH EMPIRE, Punk Rock At The Legion Hall (Damaged Records / Goodfelas, 2007)

E’ di fronte a personaggi come Steve Hamper (aka Billy Childish) che si inizia a percepire l’intrinseca inutilità di quello che si sta scrivendo (forse dello scrivere recensioni in generale…). Che cosa infatti possiamo noi aver il diritto di dire in presenza di un uomo che ha inciso oltre cento dischi, scritto due romanzi e trenta volumi di poesie e dipinto più di duemila quadri, nell’arco di una carriera che dura ormai da trent’anni? Ben poco, verrebbe voglia di rispondere. Amatissimo da gente come Beck, PJ Harvey, R.E.M. e Kurt Cobain, Billy Childish è stato animatore e principale forza motrice di numerosissime formazioni nel corso degli anni (le più famose sono forse Milshakes, Mighty Caesars, Headcoats e Buff Medways, ma per informazioni più dettagliate si rimanda all’approfondito articolo, con annessa intervista, che la rivista “Blow up” ha dedicato a questo personaggio nel numero 107 di aprile di quest’anno). Tutte formazioni accomunate da una irriducibile e genuina vocazione punk-garage e dalla costante presenza al loro fianco di altrettanti gruppi spalla femminili (titolari di una propria discografia!), composti per lo più dalle fidanzate dei musicisti (tra le altre ricordiamo almeno Delmonas e Headcotees).

Il nuovo progetto del cantautore inglese, dopo l’interruzione delle attività dei Buff Medways, vede coinvolti il batterista Wolf Howard e l’attuale compagna di Billy, nonché bassista, Buffet Nurse Julie. E come suona la musica di Wild Billy Childish a trent’anni dalla sua originaria scaturigine? Come se dopo Chuck Berry e Bo Diddley non fosse successo assolutamente niente (ascoltate “Dandylion Clock”). Per fortuna, verrebbe da aggiungere. Perché in fondo la musica di Wild Billy Chilish non smette di arrampicarsi cigolante e arrugginita come un carretto su per qualche mulattiera dissestata del punk e si ingrossa al volgere di ogni accordo come una valanga di rifiuti rigorosamente in bassa fedeltà che prende tutto dentro di sé. Altro che Babyshambles… A Wild Billy Childish basta una linea di chitarra contorta come il tracciato infinito dei suoi splendidi mustacchi per schizzare una squinternata e disturbante ode funebre in onore di Joe Strummer (“Joe Strummer’s grave”, per l’appunto), che suona quasi come un passaggio di testimone o di irrevocabile autoinvestitura.

Ma quello di Wild Billy è una sorta di sbraitante esercito della salvezza con tanto di altissima uniforme graduata che brandisce chitarre come fossero moschetti automatici, alla conquista di territori immaginari che la tecnologia ottenebrante non ha ancora fagocitato. Ascoltare “Date with Dog” è come infilare la testa nella bocca di un leone affamato e il bestiario subito continua nel blues scondito di “Bugger The Buffs” (White Stripes più dei White Stripes) o nel garage bidimensionale e cubista di “So Unbeliavably Generous”. Si fatica a distinguere o a separare una canzone dall’altra: è un’unica scia di colore acido che percorre infinite tele bianche e gualcite messe in fila. Un lungo soliloquio mentale, trascritto in pessima e sgrammaticata grafia punk. Qua e là germogliano cori estatici e dementi che rovesciano sulle trame di basso e chitarra scarabocchi di matita colorata di scuola sixties: tra Kinks, Troggs, Pretty Tinge e Electric Prunes (del resto “ We 4 Beatles of Liverpool are”…).

Insomma: il magic bus non si ferma e continua il suo magical mistery tour guidato dalla scalcinata e singhiozzante lonely hearts club band di Wild Billy mentre Lucy ci sorride alta nel cielo tra i diamanti lungo il viale di un Waterloo Sunset…

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