RYAN ADAMS AND THE CARDINALS, Cold Roses (2CD, Lost Highway, 2005)

Il punto è questo: “Cold Roses” è un disco tradizionale (fine della recensione per i lettori di Buscadero che si saranno già fiondati al più vicino spacciatore di cd). Dopo il mezzo passo falso di “Rock’n’roll”, Ryan Adams tira fuori un lavoro ispiratissimo e vicino alla sensibilità classica che è sempre stata suo bagaglio – da Neil Young a Gram Parsons – riscoprendo quindi la verve compositiva dei tempi migliori (Whiskeytown dicono i maligni, “Gold” dico io).

Nulla più nulla meno di un disco di folk-rock con chitarre acustiche, contrappunti elettrici, slide e atmosfere da deserto a metà tra la California, il Texas e tutto quello che c’è in mezzo. Si è lontani quindi dalla New York cantata in passato e ora i paesaggi ispirano un tramonto rosso degno delle migliori pubblicità della Marlboro. Che poi alla fine è semplicemente questione di gusti e chi non può sopportare questo classicismo spinto avrà già chiuso la pagina per ascoltare qualche lavoro avant-qualcosa di scuola tedesca. Meglio per lui, perché sarebbe altresì una sofferenza per le sue delicate orecchie sorbirsi questi due dischi – sì, un lavoro doppio, tutto sommato Ryan Adams è sempre stato eccessivamente prolifico – di vecchissimo roots che sembra uscito da un Neil Young a caso tra il 1970 e il 1975.

Stupidaggini a parte, si tratta di un lavoro che riporta Ryan Adams sugli altari del rock, grazie a composizioni che colpiscono dritte al cuore per lirismo ed emotività e anche se tutti noi abbiamo una ventina di versioni di queste canzoni (dai… sembra “After the gold rush”!), è impossibile – ammesso che si mastichi il genere – non farsi colpire da “Let it ride”, “If I am a stranger”, “Cherry Lane”, “Tonight” (… is the night… ok la smetto) e così via. Assodato che l’originalità abiti altrove, con “Cold Roses” Ryan Adams scrive uno dei dischi più tipicamente rock dell’anno e certamente uno dei più riusciti, un sentito omaggio alla tradizione americana che si fa ascoltare con un piacere che è riduttivo definire immenso, perché da queste parti era esattamente quello che in questo momento volevamo ascoltare.

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