BELLE AND SEBASTIAN, Tigermilk (Jeepster, 1996-1999)

Quando si dice un disco di culto. “Tigermilk”, l’esordio di Belle and Sebastian, uscì nel 1996 e venne stampato in sole 1000 copie in vinile. Un affare per pochi intimi. Ben presto si è rivelato qualcosa di molto più grande . La fama del gruppo e il culto che ha avvolto questo suo esordio, nonchè le esorbitanti quotazioni raggiunte sul mercato dei vinili usati, hanno spinto i musicisti di Glasgow a ristampare il disco tre anni dopo.

Che cos’ha di così particolare “Tigermilk” è presto detto. E` semplicemente uno degli esordi più riusciti degli anni ’90. Dei dischi d’esordio possiede quel senso di innocenza e quella freschezza che i gruppi hanno solo all’inizio della carriera. Non che sia un disco perfetto. Quasi perfetto. Togliete i quasi cinque minuti di terribili tastiere sintetiche anni ’80 di “Electronic Renaissance” e vi troverete con nove canzoni imperdibili. Come quelle degli Smiths, uno dei gruppi a cui Belle and Sebastian sono più vicini, raccontano storie di tutti i giorni, i sogni, le apsirazioni e le frustrazioni di ragazzi comuni.

Aspettative, come è intitolato uno dei brani migliori della raccolta, “Expectations”, ossia speranze, nonostante il mondo sia un’altra cosa: “Lunedì mattina svegliati sapendo che devi andare a scuola”. Con l’intimità sofferta di Nick Drake, certo, qualche suono acustico caro al conterraneo Donovan e un tocco di ironia per raccontare tutto con leggerezza.

“Tigermilk” è così. Semplice e diretto come è “The State I Am In”, la canzone che dà inizio al tutto. Qualche parola appena sussurrata e si distende in tutta la propria lievità acustica. Una bellezza simile a “We Rule The School”, lenta e incantevole ballata pianisitca che racconta di nuovo una storia di ragazzi che crescono. Ma anche racconti di ragazze che fanno lega contro il resto del mondo come nell’atmosfera sbarazzina di “She’s Losing It”, una melodia talmente leggera e fresca da dare le vertigini. Oppure istanti di struggente malinconia: “Mary Jo/ vive sola/ beve il tè per conto suo/ lei vuole/ non so cosa vuole”. Immagini dalle tinte pastello, personaggi colti mentre vivono le proprie inquietudini. Qualche accenno di rock’n’roll, “I dont’love anyone”, serve per confessare “Se c’è qualcosa che ho imparato a scuola è stare da solo”.

Questo è il mondo che racconta “Tigermilk”. Ed è questo desiderio di raccontare se stessi e quello che sta intorno che rende davvero grandi queste canzoni.

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