DELTA, Slippin’ Out (Dishy Records, 2000)

Segnatevi questi nomi: James Roberts (voce e chitarra), Patrick Roberts (voce e chitarra acustica), Bird (batteria), Fiz (basso e chitarra) e Louis J.Clark (tastiere). I primi due soprattutto sono da tenere d’occhio, in quanto compositori delle dodici perle contenute in “Slippin’ Out”, esattamente sei a testa da buoni fratellini. Ora, purtroppo (o per fortuna) non ho la sfera magica per guardare nel futuro, ma di sicuro posso tifare per questo quintetto inglese che riporta in auge l’immensa tradizione melodica d’Oltremanica, unita ad un gusto spiccato per certe psycho-ballads dai riferimenti tardo Flower Power od ancor più Paisley Undeground.
Paragonato al precedente “Laughing Mostly”, “Slippin’ Out” segna davvero un grande passo avanti nella maturità artistica di Roberts & Roberts. Se il primo era essenzialmente una raccolta di singoli, b sides e studio demos, quindi con passaggi non molto legati fra loro, “Slippin’ Out” è un vero album, unitario nella qualità ed abbastanza vario ed eclettico per non renderlo noiosamente monolitico.

“Color Madré” apre sontuosamente il disco, mettendo subito in chiaro le carte da giocare: suoni scintillanti e cristallini e ricerca melodica tesa alla perfezione negli arrangiamenti e nei cori. In effetti “Color Madré” appare come la sublimazione di due grandi stagioni della musica pop: il jingle-jangle alla Byrds (con deviazioni Eight Miles High…) e la maturità del suono Paisley (i Rain Parade dei fratelli (ancora!) Roback o dei maestosi australiani Church). Si prosegue con l’orchestrata “Cuckoo” e la Supergrass oriented “Yampee”, una cavalcata che non ha nulla da invidiare alla potenza del gruppo di Gaz Coombes. La title track è bellissima, sorniona, un po’ debitrice alle migliori ballate degli Oasis, mentre l’arpeggio cruciale di “Bra” ha un gene Beatles, per poi sfumare con un splendido ed inaspettato finale sinfonico, il quale si ripeterà (più a lungo) come coda all’ultima traccia, “I Want You”. Prima di arrivare a “I Want You” però, passate da “L’Egohead”, un pezzo eccezionale che risveglia e rende nuovamente attuale l’eterno spirito Sixties. Insomma, ascoltare per credere.

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