FABRIZIO DE ANDRE’, Tutti morimmo a stento (Ricordi, 1970)

Sottotitolo: “Cantata in si minore per solo, coro e orchestra”. In comune con “La buona novella” c’è la compassione per le vicende degli uomini, e in particolare dei derelitti. E’ questo il filo conduttore dell’album. Pur non raggiungendo forse la compattezza del disco gemello, presenta comunque pagine molto belle, così da renderlo assai consigliabile. Grande inizio orchestrale con il “Cantico dei drogati” che già introduce in un clima tetro e pessimistico, solo apparentemente interrotto dalla finta e sarcastica allegria del “Girotondo”, che sfocia nello splendido e straziante “Recitativo” finale (condanna degli egoismi, del moralismo e insensibilità umani), alternato al “Corale” della “Leggenda del re infelice”. Se ne “La Buona Novella” si parlava della debolezza di uomini schiacciati da decisioni e volontà divine più grandi di loro, in “Tutti morimmo a stento” si cantano le debolezze e le disgrazie degli uomini di fronte ad altri uomini.

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