MAKAYA MCCRAVEN, “Universal Beings” (International Anthem, 2018)

L’universo concettuale e formale di “Universal Beings”, album pubblicato nel 2018 dallo scienziato beat Makaya McCraven per la International Anthem, è racchiuso nei 150 secondi della penultima traccia del disco, “Brighter Days Beginning”: il brano è sostanzialmente composto dalle voci di McCraven e dei suoi musicisti mentre discutono filosoficamente del ruolo dell’invidivuo nella società e dell’importanza di pensare e agire collettivamente in quanto soggetti politici. Unico sottofondo: gli intrecci sinuosi fra la chitarra di Jeff Parker e il sax alto di Josh Johnson, accompagnati dai lievi tocchi alla batteria di McCraven. “We’re universal beings”, qualcuno dice a un tratto, generando le risate empatiche del resto del gruppo.

La concezione della musica come tessuto connettivo di relazioni e pensieri dispiegato all’interno di una dimensione di improvvisazione e contatto diretto con il pubblico è uno dei principali elementi caratterizzanti “Universal Beings”. Registrato tra l’agosto del 2017 e il gennaio del 2018 in quattro sessioni di live recording tra New York, Chicago, Londra e Los Angeles, il disco si avvale dei contributi di alcuni dei più geniali musicisti contemporanei, nonché dei diversi stimoli ricevuti dagli spazi e dal pubblico presente. Il punto di partenza è una concezione del jazz in quanto genere musicale aperto a ogni possibile forma di ibridazione. Il risultato è un amalgama di diversi stili e culture, la cui coerenza sonora e concettuale è assicurata da McCraven, beatmaker, batterista fuori classe, ritmicista eclettico e collagista sonoro, che in questo disco ricopre soprattutto il ruolo di direttore d’orchestra, dettando i tempi e le connessioni secondo uno schema ormai consolidato di esecuzione musicale dal vivo che si nutre dell’imprevisto, traducendosi in una sorta di performance di body art e site-specific. Come ha spiegato lo stesso McCraven in una recente intervista rilasciata a Jazz Magazine e pubblicata sul n. 718 di luglio 2019, “Io amo questa idea di spontaneità. I miei dischi beneficiano di questo principio di libertà sperimentale che per me è molto importante preservare. Le pulsioni, i battiti e i tempi interferiscono in noi: utilizzo il ritmo per stabilire il contatto, perché si tratta di una lingua universale. Silenzio, dinamicità, caos, melodia, armonia, cerco di utilizzare tutto. La mia modalità di connessione non è radicata in un concetto tecnico ma nell’emozione”.

La batteria di McCraven è come fosse uno strumento assente, tanto è la capacità di mimetizzarsi e insinuarsi nel fiume sonoro circostante. Ma è proprio questa presente assenza che consente a McCraven di fare da catalizzatore assorbendo le emozioni dall’esterno e trasmettendole sotto forma di musica e ritmo ai musicisti che lo accompagnano. Un esempio su tutti: l’apice di “Tall Tales”, in cui la batteria innesca il canto straziante del violoncello di Tomeka Reid che vola in aria a disegnare un cielo stellato.

Dalle atmosfere ipnotiche della sessione newyorkese, rese avvolgenti dal fitto dialogo tessuto dal violoncello di Reid, dal vibrafono di Joel Ross e dagli arpeggi di Brandee Younger, alla catarsi del Chicago side, passando per le commistioni sperimentali di generi del live recording di Londra (hip-hop, R&B, jazz ma anche tracce di house music come in “Suite Haus”), per culminare nelle orchestrazioni in salsa caraibica del Los Angeles side, scandite in particolare dal contrabbasso luminoso di Anna Butterss: “Universal Beings” è un viaggio senza confini nella musica come mezzo universale che celebra le diversità culturali e promuove una comprensione del mondo attraverso le emozioni.

 

79/100

(Emmanuel Di Tommaso)