Non voglio che Clara, 7 dischi intorno a Lucio

MacKaye” è il nuovo album dei Non voglio che Clara uscito su Dischi Sotterranei prodotto e curato interamente dalla band bellunese per un ritorno sulle scene a distanza di tre anni dal precedente LP “Superspleen vol.1”.

«Uno sguardo rivolto al periodo della nostra tarda adolescenza: mi piace pensare sia un po’ il nostro disco hardcore: diretto, conciso e resiliente» (Fabio De Min)

Dieci tracce scritte in un lasso di tempo esteso e solo in seguito affidate agli strumenti, anticipate dal singolo “Lucio” (in uscita a fine ottobre), entrato a far parte della colonna sonora de “Il compleanno di Enrico”, film di Francesco Sossai presentato al Festival di Cannes 2023 nella sezione Quinzaine de Cinéastes e vincitore dell’International Film Award al Festival Curtas Vila do Conde.

«So guidare a fari spenti come Lucio» svela il terzo Caronte, in ordine di tracklist, di questo vagabondare in compagnia di Non voglio che Clara. Si tratta di Battisti, con un’evidente eco ad Emozioni.
E se la canzone che dà il titolo all’intero lavoro, “MacKaye”, è uno spiritual elettrico suonato su un cardiogramma imbizzarrito, che immortala in una foto immaginaria lo scenario delle magliette dei Misfits in vendita da OVS, «i figli che siamo stati e i padri che diventeremo», ad accompagnare gli ascoltatori in questo viaggio c’è anche “Miles”, un brano che narra di adolescenza, noia e abbandono. Dove Miles è, chiaramente, Robert. Sì, proprio lui, quello di “Children”. Ma è un trip senza meta (anche) attraverso la storia e il vissuto degli ascoltatori, un rivivere i propri ricordi senza lasciar vincere la nostalgia sul presente. 

A partire dal singolo “Lucio” i Non Voglio Che Clara si raccontano attraverso 7 dischi in qualche modo legati a Lucio Battisti, che hanno ispirato il loro percorso musicale.

Sette dischi. Sette suggestioni. Tutte intorno a Lucio Battisti, quello più spettrale o residuale, spesso argomento delle nostre conversazioni durante le lavorazioni di “MacKaye”, il nostro ultimo album.

Lucio Battisti – Anima Latina
A detta dello stesso Battisti, “Anima Latina” è «un’operazione culturale, quasi un esperimento, e tale dovrà restare». Per dare un seguito al fortunatissimo “Il nostro caro angelo” di due anni prima a Battisti servono ben sei mesi di studio: i primi due per produrre una prima insoddisfacente versione del disco e altri quattro per rifare tutto da capo. Il risultato finale è talmente straniante da obbligare Battisti ad una lunga intervista radiofonica con Renato Marengo di “Ciao 2001”, che di fatto è un manifesto programmatico: riscoprire la cultura mediterranea e abbandonare anglicismi e americanismi.

Enzo Carella – Vocazione
Enzo Carella nel 1977 scrive con il fondamentale aiuto di Pasquale Panella canzoni pop intelligenti, una scrittura che di vocativo ha innanzitutto il proiettarsi verso la modernità, prendendo le distanze dalla scena romana (la critica feroce di “Ballatetta”), immaginando l’etnopop che verrà (“Il sud è un’infanzia sudata”) rubando al prog italiano certi impianti strumentali, gli arrangiamenti dagli echi cosmici (“Fosse Vero”) e le tessiture rococò (“L’anima pagliacciona”). Lucio nel frattempo raddrizza le antenne.

Adriano Pappalardo – Immersione
Un concept dedicato al mare in cui Battisti è accreditato solo come ideatore del progetto e supervisore, con un obiettivo preciso in mente: «far sì che tutto fosse sempre pervaso da una forza positiva e dalla gioia di fare musica». Primo residuato del periodo post-Mogol, anticipa di qualch mese l’uscita di “E già”. “Cheope”, per dirne una, fa la sua porca figura.

Lucio Battisti – E già
Disco autobiografico, avventuroso, di rottura più che di transizione: E già fa storia a sé anche rispetto alla successiva produzione con Panella, alla quale viene spesso accodato. Battisti non è mai stato così lontano dalla forma canzone come in “Non sei più solo” e “Slow Motion”, grazie al suo recente interesse per la musica monotonale e i sintetizzatori, nondimeno mi sembra anche il primo disco di Battisti con dei testi decenti, o sbaglio?

Adriano Pappalardo – Oh! Era ora
Realizzato quasi interamente su un fantascientifico Fairlight CMI, “Oh Era Ora” è un disco notevole, che segue in fatto di soluzioni sonore le stesse coordinate indicate dal pionieristico “E già” e che è di fatto la prova generale per i cinque dischi che Battisti scriverà con Panella. Da “Signorina” («E gli amori fanno esatto quel ronzio di lambretta, di lontano per campagne») a “Breve la vita felice” («M’ha spappolato il cuore passando col rosso fiammante della lingua») fino alla splendida “Puoi toccarmi tutto a me” è un ortalizio di intuizioni panelliane per un Pappalardo che non ti aspetti.

Riccardo Cocciante – La Grande Avventura
Nel 1980 Mogol rompe il sodalizio con Battisti e inizia a collaborare con Riccardo Vincent Cocciante, nel quale evidentemente intravede un buon alter ego del cantante di Poggio Bustone, anche lui riccio di capelli, voce ineducata ma capace di interpretazioni intense e una caratteristica che a Mogol deve sembrare particolarmente invitante: Cocciante ha successo all’estero. Mogol richiama alla produzione Geoff Westley, già al lavoro su “Una donna per amico” e “Una giornata uggiosa”. Se “La Grande Avventura è il disco che è, molto del merito va proprio a Westley che confeziona splendidamente una manciata di canzoni già di per sé piuttosto ispirate (“Il mio nome è Riccardo”, “La canzone di Francesco”, “Cuore di Gesù” firmata da Dalla).

Lucio Battisti – L’Apparenza
Ci vuole una buona presciistica per ridiscendere l’ardita discografia bianca di Battisti insieme a Pasquale Pannella, senza capitolare al primo ostacolo. «In nessun luogo andai / per niente ti pensai / e nulla ti mandai per mio ricordo»: cosi si apriva “Don Giovanni”. Due anni dopo l’ologramma di Battisti si materializza nuovamente per dare voce ai testi che Panella gli ha inviato via fax e che Lucio, dopo aver piegato e piallato a dovere, posa sopra un tappeto di suoni sintetici, algido, quasi immobile.