Il ventennale di Yankee Hotel Foxtrot dei Wilco

I primi tre album a nome Wilco avevano mostrato una band capace di passare dal country folk a esperimenti più azzardati (“Being There“, “Summerteeth“). A distanza di appena cinque anni dal primo disco (“A.M“), Jeff Tweedy sente però che è arrivato il momento di provare a percorrere una strada nuova. Ha in mente di realizzare un’opera che permetta di fare un ulteriore salto in avanti.

I Am Trying to Break Your Heart: A Film About Wilco” è il documentario del 2002 diretto da Sam Jones che descrive il periodo che ha accompagnato la gestazione di “Yankee Hotel Foxrot“. Non sono mesi facili; oltre ai dissidi con la Reprise, l’etichetta che rifiuterà di pubblicare il disco perchè poco commerciale, affiorano i contrasti di vedute con il batterista Ken Coomer, mentre Jay Bennett, il genio creativo dei primi album, abbandona il gruppo proprio nel bel mezzo delle registrazioni. In soccorso arriva tuttavia Jim O’Rourke, conosciuto da Jeff Tweedy al Noise Pop festival; questo incontro determinerà un connubio fondamentale per imprimere una svolta alle canzoni. Il nuovo album uscirà il 23 aprile del 2002 per un’altra etichetta, anche se appartenente sempre al gruppo Warner, la Nonesuch, dopo essere circolato sul web nei mesi precedenti.

Sulla copertina, diventata iconica, svetta lo skyliner di Marina City; le due torri di Chicago raffigurate a distanza di pochi mesi dall’11 settembre (e il disco probabilmente sarebbe dovuto uscire proprio in quella data). Nel video di “Everyone Hiddes”, a distanza di quasi vent’anni, li vediamo affacciarsi da quegli stessi grattacieli, simbolo di una città vivace, americana fino al midollo e percorsa da numerose contraddizioni.

Vent’anni non sono poi forse un’eternità perchè la caratteristica di “Yankee Hotel Foxtrot” è quella di essere un disco che cresce nel tempo. Al suo interno, 11 tracce che scavano lentamente un solco fino a traformarsi autentiche rivelazioni, come l’esplosione in crescendo di “Pot Kettle Black“. Folgorazioni che arrivano piano (a partire dal finale rumoristico di “I Am Tryning to break your heart” e di “Kamera“) e richiedono del tempo all’ascoltatore per essere pienamente comprese. “Yankee Hotel Foxrot” appare sempre così sul punto di esplodere, è energia pura. Un disco in fermento che cerca una via per ascendere e andare oltre. Contiene dei capolavori come “Jesus, Etc” o “Ashes of American Flags“, ma in molti casi i brani sembrano andare in una direzione e finire da tutt’altra parte: il ritmo leggero di “War on War” che viene consacrato sul finale da un coro di chitarre distorte, “Poor Places“, con la sua melodia che diventa visionaria e folle. Qua e là affiorano dei suoni provenienti da apparecchi elettronici e voci e segnali da una radio (allusione al titolo del disco che si rifa al “Phonetic Alphabet – NATO”, una registrazione da una numbers radio contenuta nell’album “The Conet Project“). La chiusura del disco, “Reservation” è una suite pop di 7 minuti in stato di grazia, conclusa anche in questo caso da una sinfonia di suoni.

In occasione dell’anniversario dell’album la Nonesuch pubblicherà il prossimo 16 settembre una versione rimasterizzata che sarà arricchita dalla presenza di demo e materiali inediti. L’annucio è arrivato accompagnato dall’uscita di una versione live “Reservations” registrata a St. Louis nel 2002. “Yankee Hotel Foxtrot” è un album che ha segnato un’epoca, non solo per la sua genesi travagliata e perchè è stato uno dei primi album ad uscire in versione digitale, ma per la bellezza dei suoi brani che ancora oggi non smettono di “spezzare il cuore“.

(Eulalia Cambria)