AFRICA FOR AFRICA n. 9: MADALITSO BAND, “Wasalala” (Bongo Joe, 2019)

Disco molto particolare all’interno di quella dimensione sconfinata che è la realtà musicale di un intero continente, quello africano, che per ragioni ovvie offre praticamente tutto il campionario possibile ma che per ragioni altrettanto ovvie, cioè quelle che sono possibilità più ristrette sul piano economico e della produzione oppure semplice “diffusione”, ma anche per questioni semplicemente geografiche e di limiti culturali nostri europei, ci impediscono di raccogliere e toccare con mano un mondo così vicino e così lontano e da cui ci divide solo questo piccolo grande lago che chiamiamo Mare Mediterraneo.

Va detto altresì che per arrivare in Malawi da qui ci sta un bel viaggio da compiere. Siamo nell’Africa Orientale, nell’entroterra, dodici milioni di abitanti sul lago Malawi, una regione che faceva parte dei territori della corona d’Inghilterra, ma che per ragioni storiche ha chiaramente un forte legame anche con il Portogallo. È infatti quella parte della cosiddetta “Rhodesia” che prossima al Mozambico, fu “scoperta” (come si può non utilizzare le virgolette) dai portoghesi, prima che vi arrivasse proprio David Livingstone. Regione che ha una storia secolare difficile, le popolazioni originarie del Malawi di fatto sono state schiavizzate sin dal 1500 e da allora disperse, come dire, in diverse regioni in Africa come nel resto del mondo.

Ergo il suono di questo duo, ovvero i Madalitso Band di Yobu Maligwa e Yosefe Kalekeni, ha qualche cosa che non solo rievoca quelle colorazioni e allegorie della parte meridionale del continente africano, ma se in esso vi scorgete qualche cosa che vi possa rimandare anche alla cultura dell’Africa Orientale e a generi della musica sud-americana anche più “popolari”, la cosa non stupisce, ma è una naturale conseguenza. Perché poi la Bongo Joe Records, la label svizzera con sede a Ginevra e dal campionario di proposte eterogeneo, abbia voluto pubblicarne un LP si speiga con due-tre ragioni, con le quali poi riassumo in breve i contenuti dell’album “Wasalala”. 1. Il duo si è affermato al di fuori dei confini del Malawi solo oggi dopo ben dieci anni di “militanza” attiva nella scena musicale del paese. La scoperta, se così si vuole definire (parliamo ancora di “scoperta”, un concetto che ritorna), è stata foriera di un immediato feedback positivo, sponsoring anche la BBC Africa, e che ha portato i Madalitso a suonare anche al Roskilde. 2. Questa costituisce una eccezione nel panorama comunque “pop” di un evento come il Roskilde e per un duo che del resto riprende in maniera concreta e diretta la cosiddetta “banjo music” del paese e che si fonda sul suono dello strumento tipico del babatone e suoni di percussioni e su tutto la chiarezza e piacevolezza delle voci, che hanno quella naturale gioia che qui non chiede di essere urlata, ma solo accompagnata in maniera accondiscendente. 3. Sono forme compositive tuttavia semplici, che rievocano sfumature che hanno una caleidoscopia che è piacevole e ha contenuti che sono “pop” in un senso vasto e il suono del disco è ballabile e allo stesso tempo più che orecchiabile.

Qui sta la vera rivelazione, cioè che un disco come questo si possa e si debba considerare a tutti gli effetti come un vero e proprio disco “pop”.

Qualche giorno fa parlavamo noi di Kalporz su che cosa significhi essere “indie” oggi. Ecco, io penso che oggi questa definizione non abbia più particolarmente senso. Che non significa nulla in termini di qualità delle proposte musicali, ma che però il termine si abbina spesso a realtà musicali che poi abbiano quella velleità di essere pop per forza. Perché si allineano a determinati gusti e mode e a una certa estetica. Io penso che forse qui abbiamo invece un vero esempio di musica pop universale. “Wasalala” è un disco semplice, ben suonato e dai contenuti orecchiabili e armoniosi. Evitare qualsiasi retorica e pretendere di proporsi come qualche cosa di diverso sarebbe stato un errore che qui non viene commesso e quindi vi invita ad ascoltare questa simpatica proposta da parte di una label che non usa i “para-orecchie” e questo è buono.

Emiliano D’Aniello