Toy, Covo Club, Bologna, venerdì 8 marzo 2019

Hanno una verve inaspettatamente punk dal vivo, i Toy. Si va al Covo credendo di trovarsi di fronte una band dai ricami lisergici, attenta a ricreare bolle oniriche o comunque piccoli trip, e invece ci si scontra con un gruppo ben attrezzato per le distorsioni, che non fa sconti a nessuno. E soprattutto con un’indole che non trovo di meglio che definire storta: i Toy non sono particolarmente interessati a suonare precisi, con un suono inquadrato. Piuttosto preferiscono ammaliare l’avventore dei loro live con un impatto costante e un sound straniante tra il calante e il crescente che non può che disorientare. Un bellissimo perdersi tra frequenze che oscillano.

L’apertura è lasciata alla quasi strumentale “Jolk Awake”, una delle canzoni più kraut dell’ultimo “Happy in the Hollow” riproposta senza filtri e troppo attenzione alla pulizia del suono. Avanti e pedalare, insomma. Da lì in poi le canzoni si susseguono con tanta intenzione e poco spazio agli infiocchettamenti, pescando ovviamente in particolare dagli ultimi due album e con una menzione speciale per una “The Willo” molto meno ballad che in studio ed inevitabilmente più coinvolgente (soprattutto sul finale). I cinque tengono il palco molto bene, senza strafare con esagerazioni ma riuscendo a risultare coinvolti nell’evento: Tom Dougall è il più fermo nel suo essere leader stralunato, mentre l’altro chitarrista Dominic O’Dair suona di pancia e Maxim Barron (che canta pure qualche canzone) tira avanti la baracca con un basso unica ancora di salvezza nelle canzoni che si fanno sempre più sbilenche, anche per merito/colpa degli oscillatori del synth di Max Oscarnold.

Un’ora e mezzo senza soste o prese di fiato. Che poi – e non ci avevamo pensato mai – la giusta definizione usata per il live, ovvero “storto”, è una parte di “di-storto”. Nell’essere sghembi non potevano che spingere sull’elettricità e sulle distorsioni.

Bella lì, torneremo a vedervi anche la prossima volta che passate in Italia.

(Paolo Bardelli)

foto in alto @Elena D’Argenio
foto della scaletta @Lorenzo Sbisà