FUFANU, “Sports” (One Little Indian, 2017)

Sono islandesi, ma proprio non si direbbe: non c’è nessuna traccia di quell’Islanda naturista e da cartolina che conosciamo, nei Fufanu. Il trio dell’etichetta inglese One Little Indian infatti ha nel proprio dna un’impronta ipnotica tipicamente britannica e un approccio tecnologico, altro che largo respiro della natura. Nato come duo techno sotto il moniker di Captain Fufanu, nel progetto Fufanu il trio ha mantenuto inserti elettronici e linee di campionamenti ed arpeggiatori e mostra tutto il suo campionario nel presente album.

Ma se il singolo “Bad Rockets” (finito in una mia top7 settimanale) aveva impressionato con il suo trip barcollante, il resto del disco va per un’altra strada. I Fufanu potrebbero essere infatti definiti dei “Franz Ferdinand tecnologici”, dei Julie’s Haircut dei vulcani, dei Fujiya & Miyagi degli anni ’10, e quindi credo abbiate capito in che territori si muove questo “Sports”.
Non c’è luce, bensì tanto buio e atmosfere oppressive: a metà canzone la bella “Gone For More” fa partire degli arpeggiatori ipnotici che neanche in “Reason Is Treason” dei Kasabian, “Liability” utilizza invece una soluzione di basso distorto che potrebbe ricordare la claustrofobia di “Favourite Game” dei dEUS. Tutto molto ascoltabile, ma forse si è già inteso che quel qualcosa che manca in questo lavoro è certamente la piena riconoscibilità del progetto: abbiamo già speso troppi riferimenti… dov’è la personalità dei Fufanu?

Tra new-wave mancuniana (“Syncing In”), ballate sintetiche (“Your Fool”), tentazioni kraut (“Restart”), “Sports” si dimostra come un album più che discreto, ben scritto e molto credibile a cui però manca un po’ di passione ed umanità, e in cui tutto è un po’ troppo freddo per scaldare via l’inverno. Dove i robot hanno preso troppo il sopravvento, il che – al di là dell’algida bellezza della matematica – è proprio un peccato: il sentore di qualche brughiera qua e là avrebbe giovato assai.

69/100

(Paolo Bardelli)