White Hills (+ The Cosmic Dead + Girl Sweat), Nice’N’Sleazy, Glasgow, 11 marzo 2016

white hills
Dopo febbraio di letargo, a marzo i promoter di tutto il mondo si svegliano e i basement di Glasgow riaprono le porte e offrono il meglio della musica undreground locale e overseas.

Glasgow è da anni tappa obbligatoria per tutte le bands, e in occasione del Cosmosis Festival (guardate qui quanto è bello) a Manchester il 12 marzo, il Nice’N’Sleazy propone una serie di serate psych/garage/stoner/e via dicendo che ospitano parte della ricca line up (tra gli altri i nostrani Sonic Jesus). Noi, che non ci siamo potuti permettere il Cosmosis siam andati l’11 per non perderci i White Hills, band cult newyorkese e ultimamente apparsa sul grande schermo per Jim Jarmusch, in quel polpettone (in senso buono) che è “Only Lovers Left Alive” del 2013.

In prima apertura, direttamente da Leeds, Girl Sweat viene proclamato re assoluto dell “auto-erotismo” (musicalmente parlando, si intende!). Da solo, con capello lungo e unto, baffetti adolescenziali e un look super weird, suona un “garage” psychedelico tutto synth, loop station e Lap Steel (con tutti gli spippolameni richiesti tra overdrive e echoes). Il suo è un rock’n’roll tutto elettronico, martellante, ripetitivo ma intelligente . Un po’ Spiritualized un po’ Spacemen 3/ Sonic Boom che pero’ si lascia sovrastare da una esagerata tendenza al noise (pure un poco kraut) e al garage spinto . Uno show interessante intenso, con strumentazione per aria in chiusura. Bravo!

In seconda apertura i padroni di casa induscussi: Cosmic Dead. Ci tengono pure a precisarlo che “sono a casa loro e che sono contenti di suonare per gli amici”. Da settembre, ho avuto modo di vedere i Cosmic Dead ben tre volte, sempre in occasioni e in “mood” diversi. La psichedelia dei Cosmic Dead è cupa, profonda, dilatatissima e con pennellate sludge. Pezzo forte è la parte elettronica/spaziale che tiene i giri di basso incessanti, una batteria/treno e una chiatarra “metallo”. Lo spazio all’improssazione viene sempre lasciato, ed e’ cosi che in questa serata han contenuto i droni e gli shuttles per dare piu’ corda all’attitudine deseritca e stoner d’obbligo per introdurci i White Hills. Immancabile la bottiglia di Buckfast sul palco, simbolo della “nazione” scozzese. Attenzione tutti: il 25 marzo esce la loro nuova fatica “Rainbowhead” per via Blackest Rainbow records, si prevedono battaglie galattiche.

I White Hills non si lasciano scoraggiare dell’eta’ e offrono una performance con l’energia di un gruppo di ragazzini, con piu’ di un ora di concerto. I tre, lo avevano gia’ annunciato, ci propongono un mix di vecchie glorie ed estratti dall’ultimo album “Walks For Motorists” (Thrill Jockey, 2015). I pezzi in cui Ego Sensation (storica basstista bionda tarantiniana, in velluto glitterato) canta sono tra i favoriti. Ancora piu’ apprezzate sono le canzoni più “semplici” con i loop di basso e batteria. La chitarra di Dave W. è imponente e americanissima, quell’america tamarra dei rif psych stoner che si spinge fino ad un sound più aperto e britannico alla Hawkwind. Alla batteria, un turnista californiano che gioca di classe alternando bacchette a mazzuole morbide (si chiamano così?), che fan la differenza. Dave poi non si lascia mancare l’occasione di passare al synth e di divertirsi con riffettini scanzonati e abbastanza “tedeschi”. Per il resto i volumi sono così alti che è impossibile star vicino al palco senza l’aiuto dei tappini, e quindi siam costretti ad indietrggiar per non diventare sordi. Molto bene. C’è da dire che, alla fine, noi del pubblico eravamo molto più provati di loro.

(Tea Campus)